Certo, il fermo immagine in chiusura del trailer, con un’arancia, un limone, un mandarino e un bergamotto appoggiati su un uno scoglio e irrorati da uno spruzzo d’acqua proveniente dal tuffo in acqua di due bagnanti, non promette nulla di buono. Ma tant’è
“Volgare”. “Ritratto caricaturale”. “Frettoloso e provinciale”. “Di una pochezza assoluta”. “Atmosfere da Padrino”. Calabria terra mia, il cortometraggio di Gabriele Muccino commissionato dalla Regione Calabria e proiettato alla Festa di Roma, non è piaciuto per nulla ai calabresi. Certo, il fermo immagine in chiusura del trailer, con un’arancia, un limone, un mandarino e un bergamotto appoggiati su un uno scoglio e irrorati da uno spruzzo d’acqua proveniente dal tuffo in acqua di due bagnanti, non promette nulla di buono. Ma tant’è.
Lo scrittore e giornalista Bruno Gemelli ha invece valutato il corto muccianiano “frettoloso e provinciale”: “Sembra importato dalla Cina, dove sono specialisti in falsificazioni. Non c’è niente che rappresenti la Calabria”. Anche Ulderico Nisticò, docente e storico, autore di numerosi libri sulla Calabria antica, stronca Muccino: “Un milione 600.000 euro significa averlo pagato 200.000 euro al minuto. Mi sembra un po’ caro per un prodotto pessimo, in cui si vedono due piccioncini (Raoul Bova e la sua compagna Rocho Munoz Morales ,n.d.r.) mangiare un bergamotto e un’arancia. Nessun cibo caratteristico calabrese, nessun vino, nessun riferimento ai luoghi della storia calabrese, ai suoi siti archeologici, a Tommaso Campanella. Tutto – osserva – si svolge davanti a un tratto di mare selvaggio, anonimo, sovrapponbile a qualsiasi altro posto del mondo. Domani potrebbero venderlo alla Croazia, alla Scozia, alla Danimarca”.
Al momento in cui scriviamo Muccino ha difeso il proprio operato rilasciando alcune dichiarazioni alle agenzie di stampa: “Se intrattieni ed emozioni riesci anche a creare il desiderio di venire a conoscere ed esplorare questa terra. La finalità ultima per me, secondo il mandato di Jole, era quella di far venire voglia di conoscere la Calabria. Io ho fatto questo lavoro pensando agli occhi internazionali e anche degli italiani che ne devono ricavare un immaginario filmico, cinematografico che deve trasmettere un’emozione”. “È un cortometraggio –conclude – non potevo far vedere di più. Un corto richiede sei giorni di lavorazione e dura otto minuti. Questi son i tempi. In otto minuti o faccio l’Alberto Angela, e non è il caso, o racconto un’emozione cinematografica, ed è quello che ho fatto. Credo di averlo fatto bene, facendo conoscere qualcosa di più”.