Rimane solo la prescrizione, nell’ultimo processo per lo scandalo Mose, sei anni dopo, la grande retata per le mazzette pagate da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, a politici, finanzieri, magistrati e funzionari del Magistrato alle Acque. La Cassazione ha messo il sigillo definitivo sui ricorsi presentati dall’ex sindaco di Venezia, l’avvocato Giorgio Orsoni, e dall’imprenditore romano Erasmo Cinque. Per entrambi a decidere è stato il trascorrere del tempo. E questo ha fatto commentare al pubblico ministero Stefano Ancilotto, oggi procuratore aggiunto a Venezia: “Se avessimo dovuto processare l’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, e l’ex assessore regionale Renato Chisso, non saremmo arrivati in tempo. Ma questa sentenza dimostra la correttezza dell’accusa. Orsoni ha preso i soldi in nero e ciò è un reato”.
L’epilogo è analogo, ma i percorsi di motivazione sono diversi per gli ultimi due imputati eccellenti di una delle più gravi vicende giudiziarie legate alla corruzione e al finanziamento illecito dei partiti, che nel 2014 portò in carcere alcune decine di persone, con accuse che ruotavano attorno ai pagamenti di denaro che hanno accompagnato la costruzione delle dighe mobili per salvare Venezia dall’acqua alta, entrate in funzione solo ora, a 17 anni dalla prima pietra.
La Cassazione ha applicato la prescrizione nei confronti di Erasmo Cinque e ha respinto il ricorso di Giorgio Orsoni, nei cui confronti il reato di finanziamento illecito dei partiti era già stato dichiarato prescritto in Tribunale e in Corte d’appello. L’ex sindaco avrebbe voluto l’assoluzione nel merito, non essendo il fatto previsto dalla legge come reato, oppure una pronuncia della Corte Costituzionale sulla possibilità di contestare anche ai candidati sindaci la legge sul finanziamento illecito dei partiti. A sostenere questa tesi non era stato solo l’avvocato di Orsoni, Francesco Arata, ma anche la procura generale. I giudici sono stati di diverso avviso, ritenendo che anche un candidato sia soggetto alla legge che riguarda i sindaci, in materia di finanziamenti da parte di enti o privati. E così è stata confermata la prescrizione per i 250 mila euro con cui l’ingegnere Mazzacurati aveva finanziato nel 2010 la campagna elettorale di Orsoni, che li avrebbe ricevuti in nero. Il commento rilasciato da Orsoni: “Sono esterrefatto, la Cassazione non è un giudice del diritto. Alla fine dovremmo andare a Strasburgo per avere la corretta interpretazione della norma”.
Diversa la posizione di Erasmo Cinque, titolare della Socostramo, che era stato condannato a 4 anni di reclusione per corruzione. La prescrizione gli evita di finire in carcere, ma i giudici hanno confermato la confisca di 9 milioni di euro in favore dello Stato, oltre ai risarcimenti a favore del Comune di Venezia per 950mila euro e della Città metropolitana di Venezia per 275mila euro. La società di Cinque aveva ottenuto in affidamento lavori per il disinquinamento di Porto Marghera senza nessuna gara, grazie all’intervento dell’allora ministro all’Ambiente Altero Matteoli, anch’egli condannato in primo grado, ma che è deceduto prima del processo d’appello.
Soddisfatte le parti civili. L’avvocato Paola Bosio, per il Consorzio Venezia Nuova: “La prescrizione non tocca il merito dell’accusa”. L’avvocato Luigi Ravagnani, legale del Comune: “È stato confermato l’appello e sono state accertate le responsabilità di ognuno. È chiaro, ora, come sia illecito che un candidato sindaco prenda dei soldi in nero. Il Comune ha subito un danno d’immagine immenso dagli illeciti”.