Il presidente ascolta i suoi consiglieri e affronta il dibattito con uno stile più pacato, mentre l'ex vice di Obama si difende dagli attacchi e controbatte. Il duello tv, a differenza del primo faccia a faccia, non degenera nel caos: merito anche del microfono spento a turno per lasciare a entrambi due minuti ininterrotti all’inizio di ogni tema e della conduzione puntuale di Kristen Welker, anchor woman di Nbc
Il bottone “mute” ha funzionato. Nell’ultimo dibattito presidenziale, tenuto alla Belmont University di Nashville, Tennessee, ai candidati è stato silenziato il microfono nei primi due minuti di risposta del rivale. Questo ha garantito un andamento più ordinato della discussione, rispetto alla gazzarra del primo dibattito, e l’emergere di due visione molto differenti di America. Quella individualista, inquieta, anti-politica di Donald Trump. E quella più tradizionale, inclusiva, rassicurante di Joe Biden. I candidati si sono scontrati sull’emergenza Covid-19, su sanità, questioni razziali, tasse e immigrazione. Alla fine, nessuno dei due è sembrato prevalere sull’altro. E questa è una buona notizia soprattutto per Biden.
Trump doveva, nel dibattito di ieri sera, riprendersi dalla prova sconclusionata ed esageratamente aggressiva del primo dibattito. Ci è ampiamente riuscito. È apparso più calmo e controllato. Ha insistito su un punto soprattutto (che aveva già fatto la sua fortuna nel 2016): il suo non essere un politico, il suo essere un outsider rispetto a un sistema di cui invece Biden, con oltre 40 anni al Senato e otto da vicepresidente, è parte integrante. Se l’obiettivo di Trump, in questo dibattito, era rassicurare quella parte degli elettori repubblicani e conservatori preoccupati per le sue più recenti intemperanze, ci è riuscito. La prova di Biden è stata nel solco di una politica più tradizionale. Il candidato democratico ha attaccato su gestione dell’emergenza sanitaria, immigrazione e questioni razziali. Si è difeso dalle accuse di Trump sul figlio Hunter. Nel finale è apparso forse un po’ appannato. Ma sono stati appunto momenti, all’interno di una performance comunque solida.
La moderatrice Kristen Welker di NBC (forse la vera “vincitrice” della serata, che ha gestito con fermezza e competenza, e non era facile) ha introdotto immediatamente il tema più caldo della politica americana oggi: il Covid-19, che continua a fare vittime (oltre 220 mila morti) e condizionare pesantemente la vita del Paese. Trump ha rilanciato la sua visione ottimistica: il virus “se ne sta andando” e comunque a breve (incalzato dalla moderatrice, non ha detto quando) sarà distribuito un vaccino. Il presidente ha ripetuto che “la cura non può essere più pesante della malattia” e che non è stato possibile, e non lo sarà in futuro, bloccare l’economia di un Paese a causa del virus, “perché altrimenti non ci sarebbe più il Paese”. Trump ha di nuovo dileggiato il rivale per essersi rinchiuso “in cantina” per sfuggire al virus. Senza offrire alcun dettaglio, ha detto di aver ricevuto “le congratulazioni di molti capi di Stato per quello che ho fatto”. Ha di nuovo, più volte, chiamato il Covid “il virus cinese”.
Ben diversa è stata la rappresentazione dei fatti offerta da Biden, che per due volte ha afferrato la sua mascherina nera e l’ha sventolata, implorando gli americani ad indossarla. “Aumenterò tamponi e tracciamenti, metterò a disposizione i fondi perché le imprese possano attrezzarsi per operare in sicurezza”, ha detto Biden, che ha pronunciato sul tema Covid-19 alcune delle frasi più forti. “Chiunque sia responsabile di così tante vittime non può restare presidente degli Stati Uniti” ha detto, prospettando l’arrivo di tempi ancora più difficili. “Stiamo per entrare in un inverno buio, un inverno buio, e questo presidente non ha un piano”, ha spiegato Biden, che è stato veloce a rispondere a una battuta di Trump. “Stiamo imparando a vivere con il virus”, ha detto il presidente. “Stiamo imparando a morire con il virus”, ha ribattuto Biden.
Un’occasione forse persa, per i democratici, c’è stata sulla sanità. In un’intervista a CBS, alcune ora fa, Trump aveva detto di voler al più presto disfarsi dell’Obamacare. Il presidente, ancora una volta, non ha però spiegato con cosa vuole sostituire la riforma sanitaria di Obama, né cosa intende fare per le persone con condizioni mediche pre-esistenti. Biden non ha colto l’occasione di mostrare l’incongruenza delle posizioni repubblicane. Ha meticolosamente ripetuto di non essere a favore dell’assistenza sanitaria pubblica e universale, ma di considerare comunque la sanità un diritto e non un privilegio. Chi vorrà potrà quindi mantenere la sua assistenza sanitaria privata. Per tutti gli altri ci sarà un allargamento dell’accesso alle cure. Trump ha accusato ancora una volta Biden e i democratici di volere una “sanità socialista”; il democratico ha negato ma, appunto, non ha approfittato della risonanza che il tema ha presso milioni di americani (fu proprio il tentativo repubblicano di disfarsi dell’Obamacare a condurre i democratici alla vittoria nelle elezioni di medio termine del 2018).
Lo scontro tra i due candidati alla presidenza si è quindi concentrato soprattutto su due questioni: corruzione e questioni razziali/immigrazione. Ci si attendeva che Trump attaccasse il rivale per il ruolo del figlio nell’azienda energetica ucraina Burisma. Non si è dovuto attendere molto prima che il presidente tirasse fuori la questione, con l’accusa a Hunter Biden di essere un incapace messo ai vertici di Burisma dal padre, quando questi era vicepresidente. Trump ha citato il computer di Hunter, con le mail che proverebbero il coinvolgimento dell’allora vice di Obama nell’arricchimento del figlio. Ed è è tornato ad accusare il rivale democratico per presunti finanziamenti da parte della moglie del sindaco di Mosca. Trump è partito anche all’attacco dei due fratelli di Biden, anche loro accusati di corruzione. Ha insomma cercato di dipingere il suo avversario come un politico corrotto e finanziato dalle potenze straniere.
Biden prima ha negato: “non ho mai “preso un penny in vita ”; poi ha cercato di deviare la questione, spiegando che “tutto ciò non ha niente a che fare con la mia famiglia o con la famiglia di Trump, ma con la vostra famiglia”, con chi non riesce a mettere insieme abbastanza per apparecchiare la tavola (al che Trump ha avuto gioco facile ad accusarlo di essere un politico che non risponde alle accuse: “Dai Joe, puoi fare di meglio che parlare di una tavola”, ha detto). Messo alle strette, dopo aver accusato Trump di avere conti in Cina e di non aver mai reso pubbliche le sue dichiarazioni delle tasse, Biden si è rifugiato in un generico appello morale. “Voi sapete chi è Trump, voi conoscete il suo carattere e voi conoscete il mio carattere – ha detto -. Conoscete la mia reputazione di uomo d’onore, che dice la verità”. È stato, questo, forse il momento più debole della performance di Biden, che rimane sempre molto vago sul ruolo del figlio Hunter in Burisma (va anche ricordato che una Commissione del Senato, a maggioranza repubblicana, ha comunque sollevato Biden da qualsiasi responsabilità). È comunque probabile che il tema, che ha ampia popolarità nel mondo più conservatore, non riesca ad attecchire in un elettorato più largo. A differenza del 2016, quando Clinton era percepita come la meno “onesta” tra i due candidati, oggi Biden sembra godere di un’immagine positiva, quanto a decoro personale, presso la maggioranza degli elettori.
L’altro momento caldo della serata è venuto sul tema dell’immigrazione. Biden, visibilmente indignato, ha ricordato i 500 bambini separati dai loro cari alla frontiera con il Messico e che non riescono ora a ritrovare le loro famiglie. Mentre Trump ribadiva la potenziale pericolosità di chi arriva ai confini americani, il democratico si è impegnato a offrire un percorso di cittadinanza per i “Dreamers”, i migranti condotti bambini negli Stati Uniti. Di fronte a Trump, che gli rimproverava di non aver fatto nulla negli otto anni dell’amministrazione Obama (è stata, quella della retorica politicante e parolaia, un’accusa che Trump ha mosso spesso a Biden: “sai solo parlare”, gli ha detto), Biden ha spiegato che da presidente, e non da vice, avrà più potere “per far passare una riforma complessiva della legge sull’immigrazione”. Puntuale, e attesa, è arrivata anche l’accusa di Trump a Biden per aver contribuito a scrivere e far passare il “Violent Crime Control and Law Enforcement Act” del 1994, che ha mandato in prigione migliaia di giovani neri per reati spesso lievissimi. “Nemmeno Abraham Lincoln ha fatto per i neri quanto ho fatto io” ha rivendicato Trump, che cerca di minare il seguito di Biden nelle comunità afro-americane.
C’è stato spazio per molto altro nel dibattito. Si è parlato di economia, con entrambi i candidati impegnati a sostenere un piano di investimenti su larga scala in un momento di grave crisi. Si è parlato di politica estera, che in origine doveva essere l’argomento centrale della serata ma che ha finito per occupare solo una piccola parte di essa. In particolare è emersa la questione della Corea del Nord, con Trump che ha rivendicato di aver salvato gli Stati Uniti da una guerra e con Biden che ha difeso l’atteggiamento duro di Obama con Kim Jong-un: “Non voleva legittimarlo”, ha spiegato. Si è parlato di cambiamenti climatici, che Biden ha definito “una minaccia esistenziale” cui la sua amministrazione darà la priorità. Sulla questione ci sono state alcune affermazioni discutibili di Trump, che ha spiegato che le energie rinnovabili “sono più inquinanti delle fonti tradizionali” come petrolio e carbone. Alla frase di Biden, che ha spiegato di voler guidare il Paese nella transizione dal petrolio alle rinnovabili, anche attraverso il taglio dei sussidi federali all’industria petrolifera, Trump ha reagito immediatamente: “Te ne ricorderai, Texas? Ve ne ricorderete, Pennsylvania, Oklahoma?”. L’immagine dei democratici, che distruggeranno con le loro politiche l’economia del Paese, e che alzeranno le tasse, è uno dei temi su cui Trump e i suoi hanno in questi mesi più insistito.
In definitiva, entrambi i candidati hanno fatto quello che dovevano fare. Biden non ha commesso gaffe né passi falsi che possano metterne in pericolo il vantaggio di cui, secondo analisi e sondaggi, gode a dodici giorni dal voto. A parte un dettaglio: a un certo punto ha guardato l’orologio. Un errore commesso da George H.W Bush nel 1992 durante il dibattito con Bill Clinton, considerato un gesto d’impazienza e difficoltà.
Trump ha rassicurato la parte più moderata del suo elettorato. Il dibattito lascia quindi inalterata la dinamica della campagna – e da questo punto di vista quindi favorisce Biden e i democratici. Aspettiamoci, per la volata finale, numerosi comizi di Trump negli swing states – e un’insistenza sul presunto scandalo ucraino di Hunter Biden. Biden padre, da parte sua, deve continuare a fare quello che già sta facendo. E cioè, rilanciare un’immagine di pacificazione, di normalità, di tranquillità, dopo quattro, tormentatissimi anni.