Sul mensile diretto da Peter Gomez, nel numero dedicato al mostro della burocrazia italiana, parlano Elsa Fornero, Alberto Bonisoli, Lorenzo Fioramonti: "Così gli alti dirigenti bloccano le riforme". E l'ex magistrato di Mani pulite svela dettagli inediti sul tentativo - non riuscito - di togliere la responsabilità sulle opere pubbliche all'alto funzionario che sarà poi riconosciuto colpevole di corruzione
Prima di entrare in politica, Antonio Di Pietro aveva dato il via all’inchiesta Mani Pulite. È grazie a quelle indagini, giura lui, che appena arrivato al governo già conosceva i rischi di quel sistema tentacolare, che spesso spunta le armi dei ministri in favore di capi di gabinetto, segretari generali, ragionieri dello Stato, burocrati e funzionari vari.
Di questo centro di potere – spesso invisibile – si occupa FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, nel numero attualmente in edicola dedicato al mostro invincibile della burocrazia italiana. Raccontano per la prima volta la loro esperienza con questa casta – che opera lontano dai riflettori ma spesso con maggiore potere reale rispetto ai politici eletti dai cittadini – ex ministri come Alberto Bonisoli, Elsa Fornero, Lorenzo Fioramonti. E appunto Antonio Di Pietro, che in un’intervista svela i dettagli inediti di un caso che lo riguardò da vicino e che ben esemplifica il peso di certi burocrati nei ministeri.
Siamo nel novembre 2007, nel bel mezzo del fragile governo Prodi, e Di Pietro è ministro delle Infrastrutture. Fin dal suo insediamento si è scontrato con Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, ma in realtà molto di più: è entrato nei ministeri nel 1976, ha ricoperto incarichi di rilievo nella Prima e nella Seconda Repubblica con governi di ogni colore e ha creato una rete di potere consolidata. Di Pietro tenta di rimuovere dal ministero Balducci, che invece casca sempre in piedi e diventerà responsabile dell’organizzazione dei Grandi eventi. In quel momento Balducci è a capo della Struttura di missione per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, ma Di Pietro non è per nulla convinto dal modus operandi dell’ente.
Scrive allora una due lettere ai colleghi ministri, esprimendo tutti i suoi dubbi: c’è un ruolo da “stazione appaltante” che la struttura ricopre, ma che non le era stato affidato, evidenzia “l’assenza di copertura finanziaria” di alcuni bandi e mette in allarme da situazioni “che confliggono in modo evidente con elementari principi di contabilità pubblica”. Nessuno dei ministri darà peso a quelle parole. A Di Pietro arriva solo il parere di un avvocato, Guido Cerruti, che minimizza le perplessità dell’ex magistrato e anzi assicura che “i progetti sono stati intrapresi senza alcuna violazione dei principi regolatori della contabilità pubblica”. Il governo tace e la vicenda finisce lì. Se non fosse che due anni e mezzo dopo, a inizio 2010, Balducce viene arrestato insieme a Guido Bertolaso (quest’ultimo poi assolto in primo grado) con l’accusa di corruzione e associazione per delinquere riguardo alla gestione del G8 della Maddalena e di alcuni grandi eventi, scandalo che nel 2018 gli costa una condanna a 6 anni e 6 mesi.
È solo il più grave dei processo a carico di Balducci (già condannato in via definitiva per corruzione aggravata per l’appalto per la costruzione della Scuola dei Marescialli, a Firenze), sui cui modi di gestire i grandi eventi Di Pietro aveva espresso tutti i propri dubbi, restando inascoltato: “Avevo segnalato due volte sospette irregolarità al consiglio dei ministri – ricorda Di Pietro a Fq Millennium -. Con una cura preventiva si possono evitare certi tumori della macchina burocratica. Se mi avessero ascoltato, forse si poteva evitare qualche scandalo che è venuto fuori negli anni successivi”.
Leggi l’inchiesta e l’intervista integrali su FQ MilllenniuM di ottobre, ora in edicola