L’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva, già durante la prima ondata della primavera scorsa, aveva elaborato un documento mai adottato finora sul comportamento da tenere in caso di "scarsità di risorse", ma che con i contagi in risalita torna di attualità
La Svizzera ha registrato 6.634 nuovi casi di Covid-19 e 10 morti nella giornata di ieri. Il Paese, in proporzione al numero di abitanti, registra molti più casi rispetto agli stati confinanti. L’incidenza nella Confederazione è di 495 contagi ogni 100.000 abitanti, solo la Francia, con 488 casi, si avvicina a questa soglia. Una situazione critica che in prospettiva, considerato l’andamento di tutta Europa Italia compresa, peggiorerà. L’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva, già durante la prima ondata della primavera scorsa, aveva elaborato un documento mai adottato finora sul comportamento da tenere in caso di “scarsità di risorse”.
In cui si legge, come riporta La Stampa, che “al livello B, indisponibilità di letti in terapia intensiva, non andrebbe fatta alcuna rianimazione cardiopolmonare”. Nel pieno della pandemia anche in Italia si era posto il problema e la risposta era stata che nessun anziano sarebbe stato escluso dalle cure. Ma che era necessario fermare il contagio. Tra i pazienti destinati a non essere ricoverati in Terapia intensiva secondo il documento elvetico ci sono coloro che hanno superato gli 85 anni, chi ha superato i 75 anni con “cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi”. A livello A, con letti in terapia Intensiva disponibili ma risorse limitate, i criteri per non essere ammessi alla rianimazione sono più gravi. Tra gli altri: «arresto cardiocircolatorio ricorrente, malattia oncologica con aspettativa di vita inferiore a 12 mesi, demenza grave, insufficienza cardiaca di classe NYHA IV, malattia degenerativa allo stadio finale”. “Quando è uscita questa direttiva siamo saltati sulla sedia. Decidere chi rianimare e chi no è pesante, pesantissimo per qualsiasi medico. Ma questo documento, che è pubblico, è a garanzia dei medici e degli stessi pazienti che potrebbero non aver voglia di essere sottoposti a ulteriori cure” commenta Franco Denti, il presidente dell’Ordine dei Medici del Canton Ticino.
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