L’occasione è storica. Gli intellettuali possono (devono) tornare a fare il loro lavoro: guardare lontano, prendersi i rischi necessari, e indicare una via. La società delle persone è disorientata, ha bisogno più che mai di uno scenario in cui muoversi.

Come evolverà la burrasca? Col mare che sale veloce, è urgente tracciare una nuova rotta su una carta nautica. Nel nostro caso direi: disegnare la carta. E non è essenziale prenderci: basterà tentare. Le idee vanno formulate, bisogna lavorarci perché siano sensate e stiano in piedi, altri opporranno argomenti, faranno obiezioni, formuleranno idee migliori, o peggiori, per contrasto. Così funziona il flusso del pensiero e della vita.

Se ci pensate è già un successo che sia possibile chiedersi queste cose senza essere presi per matti. Negli ultimi vent’anni, vale ricordarlo, i pochi che si sono arrischiati a mettere in dubbio l’impianto generale del gioco sono stati etichettati come dei naif, dei rompiscatole convinti di trovare un po’ di visibilità dicendo cose fuori dalle righe. Mauro Corona ne ha incarnato l’ideale: un tipo po’ strambo, selvatico, che dà di matto facilmente, capelli sfatti e bandana da montanaro eccentrico. Il personaggio ideale, almeno per la signora un po’ snob della grande città, quella dal risolino finto scandalizzato che però adora il personaggio rozzo ma brillante invitato in tv.

E anche i pochi altri che hanno messo in dubbio i fondamenti della società attuale, nonostante si presentassero meglio, non hanno avuto miglior fortuna. Tenuti in conto come dei bastiani rompiscatole, sono stati invitati in qualche trasmissione per dare un po’ di colore, o sono stati apprezzati da una colta minoranza per il tempo di una presentazione alla Feltrinelli. Poi, era bene che tornassero nell’angolo e la minoranza alle sue occupazioni abituali. Quando c’era da prendere una decisione o da commentare un fatto rilevante, i rompiscatole non erano più adatti. Meglio invitare in studio l’ex direttore dell’importante quotidiano di turno, sagace e acuto, e che soprattutto dava garanzia di non rovesciare il tavolo.

Dunque un risultato lo abbiamo già raggiunto: finalmente possiamo rimettere in dubbio l’intero schema. Oggi è ammesso che si proponga di cambiare tutto il gioco, non solo qualche regola. Ti pare poco…

All’alba degli anni Venti, il sistema si è rivelato fragile. Troppo legato alla presenza fisica di uomini e oggetti, sprovvisto di strumenti previsionali e di reazione, rapidamente in crisi di risorse, a rischio nella stabilità economica e sociale. E chi ne fa parte ha reagito in modo scomposto, minimizzando o terrorizzandosi di fronte a una calamità, senza alcun equilibrio, senza alcun senso della misura reale delle cose. Ancor più se si pensa che a far vacillare tutto il castello non è stata l’invasione di un esercito di alieni, ma una piccola spallata della natura: un virus, come ne abbiamo avuti a decine nella storia dell’uomo, per nulla il più grave. La notizia, fossimo nella redazione di un giornale, sarebbe proprio questa: con tanta evoluzione, tecnologia, con tanta ricerca, siamo ancora qui a sudare e penare per le malattie più antiche del pianeta? Primo segnale di ridimensionamento.

Costretti a casa per ordine superiore, o a cambiare i propri modi di vivere, in molti si sono accorti dell’insensatezza della routine (che pure ognuno brama riconquistare), il valore irrecuperabile del tempo perduto, la caducità della vita, l’importanza delle relazioni, il bisogno di salute, e soprattutto di sicurezza. Una utile (e un po’ tardiva) presa di coscienza collettiva.

Questa però ha tanto l’aria dell’ultima chiamata. L’ultima chance che abbiamo. Dunque ora o mai più. Io ho elaborato una tesi sulla direzione che dobbiamo prendere. Vediamo insieme se sta in piedi. La via c’è, non bisogna disperare. Una possibile rotta per la salvezza esiste. Anzi, è obbligata.

Ascoltate il testo de La Via, o leggete il pdf. L’ho pubblicato gratuitamente, proprio per dare un contributo in questo momento nevralgico. Ecco il link.

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