In questo momento, con focolai preoccupanti dalla Val d’Aosta alla Svizzera, dall’Austria alla Slovenia, per non dire della Francia, l’andamento generale della pandemia nelle aree alpine rischia di mettere a repentaglio l’inverno. Ben che vada – ma proprio bene – si preannuncia una stagione sciistica alquanto ridotta, “a numero chiuso”. Dalla città di Trento alla svizzera Locarno, la lista delle cancellazioni dei tradizionali mercatini di Natale che s’infittisce ogni giorno, parla chiaro.
Fuorigioco l’Alto Adige, che con Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico faceva la parte del leone di questo particolarissimo mercato turistico (è stato calcolato un danno immediato sui 50 milioni di euro), con una decisione peraltro annunciata alla vigilia del colpo da ko del governo tedesco, che ha inserito l’intera provincia sudtirolese nella lista delle destinazioni da evitare.
Nei numeri desolanti del bollettino quotidiano dei contagi sembra inscritto il destino più nero per la stagione bianca. Per salvare l’industria dello sci, oltre a sacrificare i mercatini, si procede subito con più rigidi lockdown locali, imposti anche proprio sotto le montagne mito, come all’imbocco della Valtournanche, ovvero della strada per l’area del Cervino, piuttosto che nella cittadina di Sexten, che s’affaccia sulle Tre Cime di Lavaredo.
Si è già pensato di usare i cannoni, quelli da neve, riconvertiti a dare un altro contributo decisivo alla preparazione degli impianti e delle località, ovvero la sanificazione massiccia. L’idea è arrivata dalla Demaclenko, azienda dell’Hti di Vipiteno, colosso da più di mille miliardi di fatturato che ruota intorno alla fabbrica di funivie fondata nel 1888 dal meccanico di Sterzing Gabriel Leitner, uno dei primi a intuire l’importanza del trasporto a fune, quando ancora c’erano solo piccole teleferiche di servizio.
“Più amuchina per tutti”, addirittura a cannonate. Ma basterà? “C’è da studiare e pianificare molto per assicurare indotto e posti di lavoro”, ha dichiarato il presidente dell’Ordine dei Medici di Trento, Marco Ioppi: “gli skipass devono essere prenotati e acquistati online per evitare code alle casse, le affluenze devono essere gestite per evitare assembramenti, il numero di persone in cabinovie e seggiovie va ridotto. Non si può essere imprudenti, altrimenti salta il sistema”.
Da settimane si sa che bisognerà vietare balli e aperitivi del cosiddetto “apres-ski”, ma saranno ben difficili da affrontare i problemi d’assembramento intorno a baite e rifugi sulle piste, negli orari di pausa per rifocillarsi, piuttosto che per l’uso delle toilette. S’arriverà allo sci a numero chiuso e molti finiranno di restare a casa, a priori?
È vero che dai comprensori già aperti, come in val Senales o a Zermatt, non sono ancora arrivate brutte notizie, ma gli sciatori d’ottobre sono pochissimi e la pandemia ha ripreso a galoppare da poco.
È singolare come anche rispetto alla fruizione turistica delle zone alpine, il Covid ha già avuto un effetto classista, avendo falcidiato appunto le occasioni di massa come i mercatini e preannunciandosi una stagione sciistica che certo non penalizzerà i clienti da grand hotel ma renderà questa pratica sportiva ancora più costosa ed elitaria di quanto già sia (si calcola che riguardi meno del 2 per cento della popolazione europea).
Per non parlare dei costi sociali, che saranno altissimi, dato che gran parte dei lavoratori del turismo sono stagionali e i pochi che resteranno nelle mansioni più umili saranno al solito i più a rischio. Viene dall’ultimo Paese formalmente comunista del mondo, questa pandemia: è davvero uno spettro che s’aggira per l’Europa, e se non sarà quello sognato da Marx ed Engels, poco ci manca.