Cronaca

Milano, il 118 di nuovo sotto pressione: “Sembra febbraio. Siamo preparati, ma fa paura. Crescita esponenziale di chi ha problemi respiratori”

“Sembra di essere ritornati a febbraio, siamo preparati perché conosciamo quello a cui potremmo andare incontro, ma al tempo stesso ci fa paura saperlo”. Claudio Colzani è il coordinatore infermieristico dell’Aat (Articolazioni aziendali territoriali) 118 di Milano. Mentre parla le sirene delle ambulanze che portano pazienti al Pronto Soccorso del Niguarda non smettono di suonare. La data simbolo di questa nuova ondata per il 118 lombardo è sabato scorso, il 17 ottobre. “In un solo giorno l’aumento delle richieste di intervento è passato da 1200 a 1800” spiega la responsabile della Sala Operativa Regionale dell’Emergenza Unica Metropolitana, Alessandra Sforza. La struttura copre un bacino di circa 4 milioni di persone. “Il trend delle persone che ci chiamano per problemi respiratori è in crescita esponenziale” spiega Sforza aggiungendo che “l’età media dei pazienti si è abbassata rispetto alla prima ondata”. Ma c’è un’altra differenza rispetto ai mesi di marzo e aprile: il peso sempre più importante delle aree metropolitane di Milano, Monza e Varese rispetto al resto della Regione. Qui si registrano gli incrementi più grandi, mentre nelle zone più colpite negli scorsi mesi l’andamento è stabile. “Gli interventi si concentrano nelle aree più densamente popolate – spiega Colzani – il grosso dei contagi si ha in ambiente familiare e lavorativo. Spesso l’intervento è per la persona chiamante, ma poi rileviamo la positività di tutta la famiglia”. Ma c’è un altro problema da affrontare in questi giorni. “Con l’aumento delle richieste per sintomi Covid sono aumentati i minuti di attesa delle ambulanze nei vari pronto soccorso dunque aumentano i tempi delle missioni” spiega la Sforza che lancia anche un appello a tutti i cittadini: “Noi siamo un numero per le emergenze. Tutte le altre richieste di informazioni devono essere rivolte a medici di famiglia, Asl, Ats altrimenti il rischio è di sovraffollare un sistema per le emergenze”.