Al via in Toscana l’era di Eugenio Giani alla guida della Regione. Dopo la vittoria al cardiopalma contro Susanna Ceccardi che, persa la sfida regionale, è volata via a Bruxelles, senza metter piede, neppure per un giorno, a Palazzo Panciatichi, sede del parlamento toscano. Evidentemente meglio l’Europa che l’ostica Toscana, dove la Lega salviniana ha perso anche nella sua Cascina.
Nonostante il successo dato per incerto da alcuni sondaggisti, ottenuto grazie ai molti soccorsi rossi (la sinistra di Tommaso Fattori non è entrata in Consiglio) e grillini, Giani si è incartato nella formazione della giunta, tra polemiche, tensioni, pressioni. E quando, dopo un mese, finalmente una giunta è riuscita a formarla, ecco l’incubo della pandemia. Da regione quasi virtuosa nella prima ondata del coronavirus, nella seconda la Toscana mostra infatti numeri allarmanti. Quello emanato dalla Regione sabato 24 ottobre è quasi un bollettino di guerra: rispetto al giorno precedente sono stati 1526 in più i contagiati. E oltre 80 i ricoverati in terapia intensiva. Renzo Berti, ex sindaco di Pistoia, attualmente responsabile del dipartimento prevenzione dell’Asl centro, ha lanciato l’allarme: i reparti di terapia intensiva dedicata al Covid sono occupati al 60%, una situazione gestibile, se non fosse per la crescita esponenziale dei contagi.
Ciò che è emerso nei primi passi del Governatore “mister Tartina”, come è stato ribattezzato per il suo presenzialismo, è un Giani bifronte. Ostaggio dei partiti che lo sorreggono al punto che per far quadrare i nomi degli assessori è dovuto ricorrere all’odiato manuale Cencelli e subire le pressioni dal Pd zingarettiano e riformista (Luca Lotti e Andrea Marcucci), dai renziani di Iv e dai territori toscani, dove tutti apertamente hanno reclamato un posto in giunta. Ma anche abile manovriero, stile prima Repubblica, lui che viene dal Psi. Lo si è visto come ha giocato la partita delle partite nella formazione della giunta: la scelta dell’assessore alla sanità, poltrona chiave, da dove si gestisce l’80 per cento del bilancio regionale. La pretendeva Iv per l’ex sindaco di Livorno, il medico Alessandro Cosimi. Si è mosso anche Matteo Renzi in persona, ma Giani ha tenuto duro, assegnando al dem senese Simone Bezzini la poltrona più ambita e complicata. È finito il tempo in cui era Renzi a dire no a Giani (ad esempio nella corsa a sindaco di Firenze), ora i ruoli si sono capovolti. Dopo la vittoria a chi gli chiedeva chi era il suo padrino, rispose secco e orgoglioso: “Giani è Giani”. Non era più spiniano (da Valdo Spini, ex leader della sinistra socialista) e neppure renziano.
Dopo trent’anni di incarichi, poltrone e poltroncine (è stato presidente del consiglio comunale fiorentino, della Firenze Parcheggi, del Museo Stibbert, del Museo dei Ragazzi, della Federazione Regionale dei Giochi Storici, della Società Dantesca Italiana, della Casa di Dante, degli Amici dei Musei e negli ultimi 5 del consiglio regionale), Giani, gran maratoneta del potere, finalmente può dire di giocare la sua partita senza padri e padrini.
E poco importa se la giunta è apparsa un pasticciaccio da prima Repubblica. Per dire, Stefania Saccardi (renziana) in piena pandemia dalla sanità retrocede all’agricoltura, la pisana Alessandra Nardini, record di voti, legata a Zingaretti, si è vista sfilare la vice presidenza all’ultimo momento, Stefano Ciuoffo, pratese, apprezzato dalle categorie, deve lasciare il turismo per occuparsi di sicurezza e immigrazione. Ha inventato il sottosegretario alla presidenza (Gianni Anselmi, Piombino) e annunciato che introdurrà il nono assessore (dieci poltrone di governo su quaranta consiglieri).
Ma dietro il “pasticciaccio” si intravede una logica, una visione, che Giani da sornione, non sbandiera ma tiene per sé. Alla Sanità va Bezzini ritenuto grande organizzatore, legato al polo sanitario e farmaceutico di Siena, nei cui laboratori si sta preparando il farmaco anti Covid. Una scelta di discontinuità rispetto alla sanità di Rossi e Saccardi. All’economia e al turismo un amico come il grossetano Leonardo Marras e alle infrastrutture il lucchese Stefano Baccelli, che ha fatto campagna elettorale accanto a Giani. Tre uomini fidatissimi in tre assessorati chiave come la sanità, l’economia e le infrastrutture. “Giani è Giani”, guai a sottovalutarlo, sembra dire.