Possono restare ferme anche per 10-12 ore. Molte sono bloccate da interventi Covid compromettendo altri codici rossi, "ieri abbiamo dovuto attivare un'ambulanza da Ladispoli verso Fiumicino per un codice rosso, tutte le altreerano bloccate" spiega Cristina Girardet, Responsabile 118 Sanità di Usb
Le ambulanze del servizio di emergenza 118 rischiano il tracollo. I mezzi sanitari restano bloccati negli ospedali, vengono usati come camere di isolamento in attesa dei risultati dei tamponi, oppure perché non esistono percorsi “separati” (come stabilito dal Dpcm del 13 ottobre), e quindi per evitare la possibile contaminazione e contagio di altri pazienti. Le ambulanze possono restare ferme anche per 10-12 ore. Attualmente la dotazione complessiva della Regione Lazio è di 224 mezzi di soccorso. Su Roma sono a disposizione 67 ambulanze al giorno. Molte di queste sono bloccate da interventi Covid compromettendo altri codici rossi, “ieri abbiamo dovuto attivare un’ambulanza da Ladispoli verso Fiumicino per un codice rosso, tutte le altre ambulanze erano bloccate” spiega Cristina Girardet, Responsabile 118 Sanità di Usb.
Stando nel coordinamento del 118, in questa fase di picco contagi, quali sono le criticità per il servizio di emergenza?Faccio la coordinatrice di 3 postazioni territoriali del 118, la maggiori criticità sono legate all’organizzazione delle risorse in un sistema che già era carente prima di personale e di mezzi. Se finiscono temporaneamente dei presidi presso il magazzino centrale occorre prendere il materiale da una postazione all’altra e ridistribuirlo, in aggiunta alla distribuzione settimanale che facciamo per i presidi Covid. La rete di distribuzione del servizio di approvvigionamento non è sufficiente. I termometri in dotazione non registrano la temperatura in maniera attendibile. In questi mesi si è a disposizione ad ogni ora, perché ad esempio il personale del turno diurno alle 22,30 (dopo 15 ore di lavoro) ha dovuto lasciare il paziente in barella in ospedale e bisogna organizzare il recupero della barella. Ora si stanno organizzando in qualche modo almeno per permettere agli operatori di non andare a casa troppo tardi oltre il proprio orario di lavoro. I carichi di lavoro se continuasse così non sarebbero umanamente sostenibili
Quanto può rimanere ferma in ospedale un’ambulanza con sospetto Covid? Restano ferme perché fanno da contenimento isolando il potenziale paziente a rischio?
Un’ambulanza può rimanere in ospedale ferma per ore ed ore, giorni e notti intere. Non solo i tempi di attesa per i tamponi sono lunghissimi in alcuni ospedali (come ad esempio il Gemelli) e per “smaltire” 10 ambulanze ci vogliono ore, ma anche dopo viene “ricoverato” dentro l’ambulanza perché non ci sono né posti letto né spazi adeguati dentro i pronto soccorso per poter mantenere il distanziamento. Avevano messo tende e container, ma se non c’è il personale da poterci mettere rimangono tende vuote. L’altra sera un infermiere stava finendo tutta la riserva di ossigeno dell’ambulanza e non sapeva come fare, il paziente poteva rischiare molto. Le ambulanze sono utilizzate sia come contenimento per il paziente a rischio che come posto letto quando non ci sono gli spazi per il distanziamento. E se non rimane il paziente in ambulanza l’ambulanza è bloccata perché viene sequestrata la barella all’interno del pronto soccorso.
Se le ambulanze non ripartono dagli ospedali, per molte ore, chi copre le chiamate d’emergenza? Ci sono stati in questi giorni casi particolari di chiamate in codice rosso che hanno visto partite ambulanze da distaccamenti lontani, perché le altre autoambulanze erano bloccate?
È ovvio che se le ambulanze fanno altro invece di fare emergenza non ci sono ambulanze per i soccorsi. Accade che partano da molto lontano anche per un codice rosso, oppure che vada solo l’automedica che fa in questo caso assistenza a domicilio finché non si reperisce un mezzo. E da quando c’è questa emergenza Covid la regione Lazio ha dato ulteriori compiti al 118, come i trasferimenti da ospedale a ospedale e anche i rientri a casa.Il 118 copre le carenze di ospedali e territorio, ma nessuno può fare i soccorsi al posto del 118.
Se gli ospedali non si attrezzano con percorsi separati, come previsto da Dpcm 13 ottobre, cadrà tutto sulle spalle del 118?
Gli ospedali non si attrezzano anche perché non hanno personale. Sta già ricadendo tutto sul servizio di emergenza. Molti medici se i pazienti lamentano qualche sintomo gli dicono per telefono di andare a fare il tampone, ma il tampone è uno strumento, non è cura, non è assistenza. Qui ogni servizio scarica sull’altro, e l’ultima risorsa è chiamare il 118.
Rispetto alla prima ondata quali criticità/differenze stai riscontrando adesso?
Le modalità con cui viene affrontata questa seconda ondata sono identiche a marzo, solo che ora i numeri sono maggiori e non essendo stato programmato nulla 118 ospedali e pronto soccorso già non riescono a far fronte alle richieste di cure. Rispetto a marzo, quando le chiamate erano più distinguibili tra sospetti Covid e patologie di altro genere, oggi un equipaggio che entra in una casa non sa mai cosa si trova davanti.
Quali sono le altre criticità di chi sale su un’ambulanza, sia per gli operatori che per i pazienti?
Per i pazienti attese troppo lunghe e rischio di non avere un’ambulanza vicina che li possa soccorrere. Stare ore ed ore dentro un’ambulanza o su una barella senza mangiare, senza un bagno, senza poter soddisfare i bisogni primari. Per gli operatori oltre a quelli sopra descritti, non avere un posto in cui effettuare la svestizione e la sanificazione del mezzo. una recente procedura prevede che debbano farlo presso i pronto soccorso, cioè praticamente per strada, al fine di essere immediatamente disponibili per altri soccorsi. E inoltre che possano fare un trasporto di un paziente sospetto Covid positivo senza sanificare il mezzo. Gli ospedali dovrebbero mettere a disposizione degli spazi – come era stato fatto per la Sars – per potersi cambiare, lasciare il materiale infetto (invece di portarselo in giro dentro l’ambulanza) e fare altri soccorsi in sicurezza.
Con vestizione e sanificazione si deve agire sempre con tempi più ristretti?
Vestizione, svestizione e sanificazione richiedono dei tempi più lunghi. Trovo che sia pericoloso tentare di accorciare questi tempi evitando la sanificazione del mezzo definendolo soccorso “sporco” , senza distinzione tra sospetto e accertato Covid positivo. Quando viene assegnato un soccorso, inoltre, accade che la centrale solleciti l’uscita del mezzo senza considerare il tempo di vestizione, che invece è molto importante per la tutela dei lavoratori.
Come se ne esce?
In questa situazione la Regione Lazio non sta procedendo nemmeno ad attuare il piano di assunzioni previsto da prima di questa emergenza, e se prima potevano dire di non avere i fondi, adesso i fondi ci sono. Stanno trasformando i posti letto di Medicina in posti letto Covid, stanno attingendo a quei posti letto che già erano scarsi prima. E questo perché manca personale. Le poche assunzioni che ci sono state sono tutte a tempo determinato, quando non a partita Iva come nel caso del bando della RM 4 per infermieri nelle scuole.