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Da Canavacciuolo a Mascia, gli chef stellati contro il dpcm che chiude ristoranti alle 18: “Penalizzati per negligenze altrui, bisognava pensarci prima”

Per tutti gli chef chiudere senza poter effettuare il servizio serale "è un colpo pesantissimo". "Giusto chiudere, previene morti e contagi, ma mi devi dire cosa succederà", contestano alcuni. Il premier ha annunciato ristori per i settori colpiti dal nuovo decreto, ma l'allarme dei ristoratori, lanciato dalle pagine del Corriere della Sera, è forte: "Perderemo il 60% del fatturato"

Antonino Canavacciuolo, ma anche Massimo Bottura e Cristina Bowerman. E con loro altri. Le misure del governo, che da lunedì 26 ottobre prevedono la chiusura di bar, pub e ristoranti dopo le 18, non sono piaciute agli chef stellati che denunciano di essere stati “penalizzati per negligenze altrui”. Dalle pagine di Cook, del Corriere della Sera, lo sfogo dei ristoratori arriva come una voce unica. Molti, va detto, condividono la necessità di tutelare la salute pubblica, ma ricordano che questo per loro “è un colpo pesantissimo”. Per loro, come per tutte le attività coinvolte dalle nuove misure, ha annunciato il premier Giuseppe Conte durante la conferenza stampa di domenica 25 ottobre, ci saranno dei ristori, ma la rabbia è molta.

“Seguiremo le regole…ma!”, commenta secco Massimo Bottura. “Non contesterei mai alcuna normativa che sia a tutela della salute pubblica e questo lo dico senza ombra di dubbio, anche come presidente degli Ambasciatori del gusto. Quello che contesto e lo contesto fermamente è l’incapacità del nostro governo di prevedere una seconda ondata”, recrimina invece Cristina Bowerman, una stella Michelin con il Glass Hostaria di Roma. Lo stesso Antonino Canavacciuolo, chef del ristorante stellato Villa Crespi, nel novarese, ha fortemente criticato le decisioni dell’esecutivo: “Ci siamo messi in regola fin da maggio – ha detto intervistato dal quotidiano di Via Solferino – Abbiamo fatto di tutto per riaprire in sicurezza, prevedendo distanziamenti e riducendo i coperti. Non dovevamo arrivare a questo punto…”. Anche secondo Viviana Varese, chef di Viva, bisognava fare qualcosa prima di arrivare a questo: “Capisco l’emergenza, ma sarebbe stato meglio fare più controlli, e chiudere le attività irrispettose invece di far fuori tutta la ristorazione. Vorrei che chi ci governa ci mettesse nelle condizioni di poter lavorare invece di chiuderci e darci bonus che sono noccioline rispetto al fatturato che perdiamo”. Anche Canavacciuolo punta il dito contro l’apertura degli scorsi mesi: “L’Italia ha fatto un ottimo lavoro chiudendosi per mesi, questo vantaggio non andava sprecato”.

La maggior parte dei ristoranti, spiegano tutti, lavorano con le cene. Chiudendo alle 18, quindi, si leva di fatto “quasi il 60% del fatturato”, tanto che secondo Niko Romito, chef del Reale, il decreto “è ipocrita” perché “dà il contentino aprendo a pranzo, ma chiudendo a cena” taglia la maggior parte del fatturato. “Ci penalizzano per negligenze altrui, i ristoranti che hanno rispettato le regole dovrebbero poter lavorare”, sottolinea Max Mascia chef del ristorante San Domenico di Imola due stelle Michelin dal 1977 e presidente della Nazionale Italiana Chef che evidenzia come il “problema non siamo noi”, ma “scuole e trasporto pubblico”.

Un colpo pesante”, per tutti, come evidenzia anche Davide Oldani, che però sottolinea che “la salute pubblica è la priorità” per questo “seguiremo le regole”. Molti quelli che chiedono al governo di diversificare. “È inaccettabile che, invece di assumerci tutti una fetta di responsabilità si decida per la legge del taglione. Posso dire – sottolinea Ciccio Sultano, del ristorante Duomo di Ragusta, con un post su Instagram, – che dal momento della riapertura a oggi, il mio ristorante come chiunque si sia attenuto alle regole e le abbia fatte rispettare, ha rappresentato una sorta di presidio medico. Nel mare magnum della ristorazione le situazioni e i comportamenti non sono sempre gli stessi. Fare di tutta l’erba un fascio, di solito, denota un fondo di paura o di incomprensione della realtà”. “Togliendo il servizio serale – dice preoccupata Antonia Klugmann, chef de L’Argine a Vencò – costringe molti a chiudere del tutto, il solo pranzo non è sostenibile. Capisco che il settore sia ampio, e le realtà diverse, e che il governo non possa prendere decisioni ad hoc, ma sono dispiaciuta. Ma non perdo fiducia nelle istituzioni e in un momento del genere bisogna pensare alla collettività”.

A preoccupare è soprattutto l’incertezza. “Tutto il mondo sapeva che la situazione si sarebbe verificata e sembra da quello che è successo che ci siano stati colpi di sorpresa – conclude Bowermann – Questo è inammissibile. Io non contesto, anzi per certi versi penso che sia a maggiore tutela una chiusura totale, ma mancano gli aiuti (anche se sono stati previsti ristori ndr.). È inammissibile che un governo non possa immaginare che gli imprenditori siano impanicati perché non sanno cosa succederà. Giusto chiudere, previene morti e contagi, ma mi devi dire cosa succederà”.