“Le misure del nuovo dpcm sono l’ultimo tentativo del governo prima di un inevitabile lockdown totale, se non dovessero funzionare”. Per il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli il provvedimento che entrerà in vigore alle mezzanotte del 25 ottobre è l’ultima chance prima di dover chiudere completamente il Paese. Quella del governo, ha detto parlando dall’agenzia Ansa, “è una grande scommessa per mantenere insieme produzione e tutela della salute, ma se nel giro di 15 giorni gli indicatori peggioreranno, credo sia responsabilità del governo adottare misure ancora più drastiche con un lockdown totale“.

Secondo Anelli, le misure adottate “potrebbero non bastare e potremmo dunque trovarci davanti alla necessità di un lockdown generale. Ciò se la curva dei contagi non si abbassa in modo tale da consentire al Servizio sanitario nazionale di poter affrontare questa seconda ondata epidemica di Covid-19 con un certo margine di tranquillità”. Gli interventi di oggi, rileva, “limitano parecchio le libere attività dei cittadini ed il tempo libero, ma il fronte lavoro è stato preservato. Tuttavia gli indicatori dell’epidemia sono al momento sfavorevoli e ciò lascia temere che tali misure potrebbero rivelarsi insufficienti”. Da Anelli è arrivato anche un ringraziamento al presidente del Consiglio per le parole indirizzate ai medici e al Servizio sanitario nazionale: “Il riconoscimento alla disponibilità dei medici in questo momento di emergenza è molto importante”.

Una posizione quella di Anelli che è condivisa da Carlo Palermo, segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed. La situazione negli ospedali “è gravissima e assolutamente critica”, ha detto sempre all’Ansa, “con Pronto soccorso e reparti ormai intasati ed il 118 subissato di chiamate: con questo ritmo di contagi entro la seconda settimana di novembre si satureranno le terapie intensive, mentre sono già in grande sofferenza i posti nei reparti Covid ordinari e nelle sub-intensive”. Il nuovo dpcm, ha aggiunto, è “un punto di equilibrio tra esigenze economiche e sanitarie, ma potrebbe non bastare”. Quello che si delinea, rileva Palermo, “è quasi un lockdown nei fatti ma se non dovessero esserci risultati concreti in termini di riduzione dei contagi, sarà allora inevitabile un lockdown totale”. E’ infatti “evidente che la pressione sugli ospedali sta diventando insostenibile, dal momento che è praticamente saltata la possibilità di contenimento dell’epidemia attraverso i servizi territoriali”. Questo perché “i tamponi non bastano, l’assistenza domiciliare è pressoché assente con le unità di medici Usca per le cure a casa che presentano problemi di organici, e con il sistema di tracciamento ormai impossibile dato l’altissimo numero di contagi”. In questo contesto, conclude, “l’unico presidio al quale i cittadini si stanno rivolgendo in massa sono proprio gli ospedali, che sono però presi d’assalto anche da pazienti poco sintomatici che non avrebbero bisogno di cure ospedaliere o da cittadini che richiedono tamponi”.

Perplessità anche da parte di Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova: “Le misure messe in campo con il nuovo dpcm sono misure ad effetto temporaneo e non risolutive”. Il punto, ha spiegato, è che “finché non si elaborerà un piano per consolidare i risultati eventualmente derivanti da misure più restrittive, continueremo inevitabilmente in questa spirale di contagi”. Secondo Crisanti bisognerebbe dunque “mettere in campo un piano di sorveglianza che, una volta che saremo riusciti ad abbassare i contagi attraverso misure più restrittive come tutti speriamo, riesca a mantenerli bassi e sotto controllo”. Ci sono, ha sottolineato, “vari esempi di Paesi virtuosi che sono riusciti in questo obiettivo, da Taiwan alla Corea. Oltre alle misure illustrate oggi dal premier, bisognerebbe cioè adottare una strategia che finora in Italia non è stata mai messa in campo”. Si tratta di attuare un “vero piano di sorveglianza che preveda tracciamenti mirati per interrompere le catene di trasmissione, strumenti informatici efficaci e rafforzamento della capacità di diagnosi”. Secondo Crisanti bisognerebbe dunque “mettere in campo un piano di sorveglianza che, una volta che saremo riusciti ad abbassare i contagi attraverso misure più restrittive come tutti speriamo, riesca a mantenerli bassi e sotto controllo”. Ci sono, ha sottolineato, “vari esempi di Paesi virtuosi che sono riusciti in questo obiettivo, da Taiwan alla Corea. Oltre alle misure illustrate oggi dal premier, bisognerebbe cioè adottare una strategia che finora in Italia non è stata mai messa in campo”. Si tratta di attuare un “vero piano di sorveglianza che preveda tracciamenti mirati per interrompere le catene di trasmissione, strumenti informatici efficaci e rafforzamento della capacità di diagnosi”.

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