di Lucia Borroni
Domenica 18 ottobre c’è stata a Trento una manifestazione per chiedere la liberazione di tre orsi che la Provincia Autonoma di Trento definisce “problematici” e che ha pertanto rinchiuso nell’area del Casteller, dove vegetano, sedati, ristretti in spazi limitati.
Quanto questa detenzione sia crudele e per di più basata sull’assunzione totalmente fallace di una presunta pericolosità degli orsi è ormai noto a molti. Il ministro Sergio Costa è intervenuto quanto e come ha potuto; varie associazioni si sono mosse per vie legali; tre donne, Ste Sondrio, Barbara Nosari e Daniela Musocco, sono ormai da trenta giorni in sciopero della fame. E qualche centinaio di animalisti ha manifestato a Trento, con lo slogan “Smontiamo la Gabbia”.
Io ci sono andata, e non mi è piaciuta. Quei megafoni e quei canti a 500 metri dalle tristi gabbie degli orsi, animali schivi e dall’udito sensibilissimo, oltretutto già in condizioni di stress, mi pare abbiano mostrato il solito antropocentrismo: l’esigenza di dire (urlare) la propria, e chissenefrega del benessere hic et nunc di quelli che diciamo di volere difendere.
Senza contare che il blitz di alcuni manifestanti che hanno distrutto qualche decina di metri di reticolati ha fornito al Presidente della Pat Maurizio Fugatti un’occasione d’oro per attaccare gli ambientalisti in blocco. Molti altri presenti, come me, hanno disapprovato. Alcuni, in dissenso, se ne sono andati.
Eppure come non sentire l’entusiasmo, l’energia, la passione dei partecipanti, per la più parte giovani, non particolarmente informati sull’etologia dell’orso e anche piuttosto sprovveduti. Quando giornali e Tv ci mostrano metà Italia spaurita dal Covid (e l’altra metà intenta a negarne l’esistenza), ecco centinaia di persone che ci mettevano la faccia (regolarmente coperta da mascherina, posso testimoniarlo) e manifestavano per gli animali, l’ambiente, la natura. Una trascurabile minoranza? Ma proprio no.
Come non fanno parte di una trascurabile minoranza tutti quei cittadini romani indignati e addolorati dallo squallore feroce con cui Regione Lazio e il Comune di Roma hanno eliminato una famigliola di cinghiali che stanziava in un parco giochi. C’è tanta voglia di ambientalismo in Italia. Solo la politica sembra non accorgersene.