Cara ministra Azzolina,
mi permetto di usare anche in pubblico il confidenziale “tu” per essere più diretto e per non essere ipocrita. Per un insegnante (tu lo sai, essendo stata una docente) non c’è nulla di più appagante che lo sguardo dei suoi allievi. Quando entro in aula e urlano “Maestro Alex” con il sorriso sul volto, l’entusiasmo va alle stelle. Quando Fatima mi saluta a mo’ di marinaio scherzando con me dicendomi: “Capitano”, mi sento davvero alla guida di una ciurma e sento tutta la responsabilità sulle mie spalle.
Non c’è nulla che può sostituire i momenti in cui cammini tra i banchi, in cui ti siedi (con tanto di mascherina) tra loro oppure quando ti ritrovi a giocare all’intervallo divertendoti come un bambino. Stare dietro ad uno schermo non ti permette di accovacciarti a terra a vedere un filmato sui filosofi ateniesi dimostrando loro che il tuo corpo, il tuo sguardo sono interessati come se fosse la prima volta che guardi quella lezione.
In queste settimane, nonostante le mascherine che coprono i volti, ho ritrovato gli sguardi dei miei alunni e dei loro genitori davanti ai cancelli; ho consolato chi piangeva per una verifica (non certo fatta da me) andata male; ho sentito ancora una volta chi canticchia mentre faccio lezione; ho rivisto volare gli arei di carta dalle scale; ho avuto di nuovo la giacca, appoggiata alla sedia, sporca di gesso bianco e ho di nuovo sentito la campanella che segna l’inizio sonnacchioso e la fine scoppiettante della giornata.
Tutto questo per dirti, cara Lucia, che nulla può sostituire la didattica in presenza. Ma questo non è il momento per intestardirsi, per vincere alcuna sfida politica. Chiudere le scuole superiori ora è una misura di prevenzione necessaria. Conte ha ben fatto a firmare il nuovo Dpcm: una scelta responsabile. Non sono uno scienziato ma mi fido del presidente dell’Accademia dei Lincei e degli altri cento scienziati che hanno chiesto interventi drastici subito per non arrivare a 500 morti al giorno.
Certo, si poteva fare di più sui trasporti ma non è stato fatto e secondo la tua collega ministra Paola De Micheli arei, navi, bus e treni non hanno contribuito all’aumento dei contagi. Certo, la scuola è un luogo sicuro. Forse non il più sicuro. Diciamolo con franchezza: le mascherine si portano ma il distanziamento, nella maggior parte dei casi, è un’ipocrisia. Chi entra in aula, soprattutto con i più piccoli, se è sincero lo ammetterà. Il metro boccale statico diventa spesso 80 o 50 centimetri.
Certo, non ha senso chiudere le scuole per lasciare aperti, in nome del dio denaro, bar e pub di giorno. Ora è tardi. Troppo tardi. Non possiamo e non vogliamo rivedere le file di camion militari che trasportano bare. Non possiamo e non puoi non ripetere più volte il numero di morti di sabato scorso: 151 in un giorno. Ripeto: 151. Può non piacere ma la scelta della didattica a distanza nelle scuole superiori è necessaria. Il problema semmai è: siamo pronti a tornare a fare lezioni da casa?
Al di là della fesseria di chi ora vuole che i docenti facciano le loro ore dalle aule vuote mettendo in crisi la Rete degli istituti, abbiamo pensato a quale didattica a distanza vogliamo? Sappiamo ora quanti ragazzi non hanno ancora i dispositivi? Siamo in grado stavolta di mettere in moto una strategia che possa coinvolgere anche quel 20% di studenti che nella scorsa primavera abbiamo perso? La Dad non è un mostro. Non è Satana. Chi sa fare lezione in classe la sa fare anche davanti ad uno schermo. Non è più tempo di inutili task force capitanate da chi voleva farti le scarpe.
La seconda parte di questo film ha bisogno di pedagogisti che si affianchino agli insegnanti, ai presidi. Non solo. Dobbiamo dirci con franchezza che, purtroppo, tra qualche settimana potremmo aver bisogno di ricorrere alla didattica a distanza anche nella scuola del primo ciclo. Potrebbe essere un’azione preventiva da usare per uno o due mesi per verificare poi la curva dei contagi.
Non lo possiamo escludere e dobbiamo usare questo tempo per prepararci a un’eventuale nuova sfida educativa. Non è del tutto vero che i bambini non usano i trasporti pubblici: nelle grandi città non si muovono a piedi. Ogni giorno migliaia di maestri e maestre, professori e professoresse delle medie devono usare i mezzi pubblici per raggiungere le scuole: è un rischio che non possiamo correre.
Gli scienziati ci dicono che i bambini si ammalano ma sono asintomatici: vogliamo portare il virus nelle famiglie? Certo alla primaria, soprattutto nelle prime classi, la Dad non è lo strumento migliore per insegnare ma allora forse val la pena di pensare a una scuola in presenza per i bambini più piccoli e lasciare che dai 9 anni ai 13 possano restare a casa. Forse serve anche monitorare il territorio e fare provvedimenti ad hoc per zone.
Cara ministra, a marzo hai dimostrato di non dover rendere conto a nessuno dando la priorità alla salute e allo stesso tempo garantendo il più possibile l’istruzione, chiudendo le scuole. Adesso non temere di perdere una sfida politica. Ricordi quella canzone? “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Ora tocca a te dimostrarci coraggio, altruismo e fantasia.