“Se non si tracciano gli asintomatici, questi possono essere una grossa fonte di contagio“. Il fisico dell’università La Sapienza di Roma, Giorgio Parisi, commenta così la richiesta delle Regioni di riorganizzare il tracciamento dei positivi al Covid-19, sottoponendo a test solo chi manifesta sintomi della malattia. Un’ipotesi che Parisi definisce “preoccupante” per le possibili conseguenze sulla curva epidemica nel nostro Paese. Una possibile alternativa, spiega, “potrebbe essere quella dell’uso massiccio dei tamponi rapidi“. La pensa così anche il collega Enzo Marinari, secondo cui il via libera alla proposta dei governatori sarebbe “una resa“. Il fisico, che nei giorni scorsi ha firmato l’appello a Mattarella e Speranza per introdurre misure di contenimento più severe, parla di “approccio rischioso”. “Temo che significhi arrendersi completamente a perdere il tracciamento in modo definitivo”, spiega. “Se non sappiamo più quanti siano gli asintomatici, questi potranno continuare a infettare“. È una linea che il noto infettivologo dell’università di Padova, Andrea Crisanti, ribadisce da mesi, dopo averla applicata con successo in Veneto durante la prima ondata.
Ma tra gli esperti, così come avvenuto nei mesi scorsi, non c’è piena condivisione sul tema degli asintomatici. Secondo l’epidemiologo Donato Greco, ad esempio, “in questo momento dell’epidemia non ha senso fare tamponi ‘a tappeto’, meglio concentrarsi sul tracciamento dei contatti e farli solo ‘mirati‘, ma senza arrivare a farli solo a chi è sintomatico”. Greco respinge a sua volta la proposta delle Regioni, ma non condivide l’idea di fare uno screening indiscriminato sulla popolazione. “Obiettivamente non ha senso una massa straordinaria di tamponi sugli asintomatici, meglio concentrarsi sui sintomatici e poi insistere e potenziare sul tracciamento, che invece è in difficoltà, per poi tamponare i contatti stretti – ha detto Greco -. Ora invece succede che si fanno tamponi immotivati, magari perché c’è stato un caso nel proprio condominio, o perché qualche medico lo prescrive con una certa leggerezza, con il risultato di intasare il sistema“. Emergenza sanitaria a parte, l’epidemiologo riflette su un tema che finora è emerso poco nel dibattito pubblico sul Covid: “Ormai nella famiglia dei virus respiratori c’è anche questo, e continuerà ad esserci per i prossimi anni, aggiungendo il suo carico a quello degli altri respiratori che già conosciamo, come l’influenza“. Per questo, conclude, dobbiamo imparare a conviverci in attesa del vaccino: “Il virus fa il suo corso, siamo nel picco epidemico, le misure possono ridurne l’intensità, ma non lo elimineranno“.