Teatro Petrarca di Arezzo, domenica: ultimo spettacolo del Festival dello spettatore, ci sono tutti gli organizzatori. Si chiude in bellezza, Ballarini di Emma Dante, un testo danzato e interpretato, potente, divertente, commovente, fa parte della trilogia degli occhiali, sul tema della vecchia: danza e dialetto siciliano. Bello.

Ma c’è sgomento, c’è tristezza: da domani si chiude di nuovo, perché? I protocolli sono rigidi, uno spettatore ogni tre sedie, mascherine, gel. Sanificazione. E’ per gli orari? Per il coprifuoco? Ma gli spettacoli si possono fare anche sabato e domenica pomeriggio.

E’ per il numero degli spettatori? Meno di un terzo della capienza, meno degli avventori di un ristorante. E’ perché la cultura è un lusso? No, è un genere di prima necessità, c’è bisogno di bellezza, di idee, di distrazione, in questo momento più che mai. La musica ha salvato l’anima di gente nel campo di concentramento.

Tutti i lavori vanno salvaguardati, ma lo sapete che gli attori di teatro, salvo rare eccezioni, hanno paghe modeste e solo quando lavorano? E le maestranze, i tecnici, i registi, i montatori? Tanta gente che già galleggiava nei tempi buoni, e ora rischia di andare a fondo.

Non facciamo distinzioni strane, non facciamo guerre tra poveri. Teatri, cinema, sale di concerto: non soffocatele, lasciate un po’ d’aria, quelle che tiene in vita. Con regole rigidissime.

La cultura è un genere di prima necessità: attenzione, “l’essenziale è invisibile per gli occhi”, diceva il Piccolo principe.

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