Due anni dopo la tempesta Vaia, che il 29 ottobre 2018 ha colpito l’area alpina del Nord Est d’Italia, distruggendo 42.500 ettari di foreste e abbattendo oltre nove milioni di metri cubi di legname, a Rovereto (Trento) gli alberi schiantati stanno diventando l’edificio in legno più alto d’Italia. Oggi, infatti, nonostante il ritardo causato dal lockdown, quasi la metà di quel legname è stato esboscato: circa 60% è stato venduto e si stanno realizzando interventi, grazie a progetti virtuosi che puntano a sostenere le zone colpite e a recuperare il legname a terra. A fare il punto a due anni dalla tempesta è infatti Pefc Italia, il Programma di Valutazione degli schemi di certificazione forestale che, subito dopo il disastro, ha attivato la Filiera Solidale Pefc, sistema pensato proprio per sostenere le zone colpite dalla tempesta tramite il legno proveniente dalle piante abbattute da Vaia, “riducendo così – spiega Francesco Dellagiacoma, presidente del Pefc Italia – anche l’inevitabile caduta dei prezzo del legname e aiutare i proprietari che avevano subito il più grande danno di sempre alle foreste italiane”.
DAL LEGNAME ABBATTUTO L’EDIFICIO DI LEGNO PIÙ GRANDE D’ITALIA – Attraverso uno di questi progetti, a Rovereto, nell’area ex Marangoni Meccanica, sta prendendo forma il più grande edificio in legno d’Italia. Si tratta di un simbolo di rinascita, non solo perché costruito con il legno degli alberi caduti, ma anche perché con i suoi 9 piani per 29 metri è destinato al social housing. Il progetto comprende anche un altro palazzo di cinque piani, sempre realizzato con il legname abbattuto. Le due palazzine, che saranno inaugurate nei prossimi mesi, ospiteranno in 500 metri quadrati per piano 68 famiglie nell’ambito del progetto, che offrirà alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti a persone considerate più bisognose (anziani, disabili, migranti), ma anche a giovani, famiglie monoparentali, studenti, lavoratori precari.
UN ESEMPIO DI EDILIZIA SOSTENIBILE – Per realizzare il complesso verranno utilizzati complessivamente 2.300 metri cubi di legno ingegnerizzato, quantità prodotta dalle foreste trentine in tre giorni. Scegliere questo materiale per realizzare l’edificio ha permesso di ridurre anche l’impronta climatica dell’opera, dato che il legno è un deposito di carbonio, che viene assorbito come CO2 tramite la fotosintesi delle piante: in ogni metro cubo di legname è stoccato il carbonio corrispondente a 0,92 t di anidride carbonica. A questo, ricorda il Pefc, si aggiunge “che il legno ha un costo energetico di produzione e smaltimento molto basso in relazione alla materie concorrenti (calcestruzzo, metalli), con un risparmio medio di 0,7 tonnellate di CO2 per metro cubo di legno impiegato”. Rispetto all’edilizia tradizionale il risparmio di emissioni calcolato “è dell’ordine del 50-70%” spiega Francesco Dellagiacoma, secondo cui è questo “il futuro dell’edilizia, un elemento centrale del green deal, cui l’Italia è chiamata a partecipare per contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% e contenere gli effetti della crisi climatica, come indicato dall’UE”.