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Carl Brave a FqMagazine: “Nella mia Trastevere tra risse e bottigliate. C’è violenza ovunque: la società sta superando il limite”

Nell'ultimo album “Coraggio” Carl Brave racconta come fosse un giornalista di cronaca, storie forti, attuali anche di violenza. Uno spaccato della società di oggi senza fronzoli e con un linguaggio diretto nudo e crudo

di Andrea Conti

In soli due anni ha collezionato 12 dischi di platino, ha quasi 3 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, l’ultimo album “Coraggio” uscito lo scorso 9 ottobre è nella Top 5 della classifica FIMI degli album più venduti della settimana. Carl Brave è una certezza della discografia italiana e uno dei rapper più contemporanei soprattutto nella descrizione della società che ci circonda. Nell’album diciassette tracce con sette collaborazioni con Elodie (con lei canta l’ultimo singolo “Parli Parli”), Mara Sattei, tha Supreme, Ketama, Gue Pequeno, Taxi B e Pretty Solero.

Quanto ‘Coraggio’ ci vuole in questo momento nel mondo dello spettacolo dopo le chiusure dei cinema e teatri, i live spostati al 2021?
Ce ne vuole davvero tanto di coraggio. Bisogna resistere, supportare chi sta vivendo un momento difficile nel nostro settore e trovare un escamotage per uscirne prima possibile e ricominciare a suonare.

Lo streaming può essere la soluzione?
È una via ma non credo sia la principale. Un concerto devi sentirlo fisicamente, ci vuole la gente sotto il palco, quella stessa gente che ti abbraccia a fine concerto. Vedere uno show da uno schermo non è la stessa cosa. Per l’estate prossima spero di suonare, ho due date a luglio a Roma e Milano.

Data la situazione gli artisti dovranno trovare altre strade lavorative in attesa che la pandemia passi. Tu faresti un talent?
Sì ma dipende dal talent e dal progetto. Per me è importante non snaturare né il mio percorso né la mia identità artistica.

Lo streaming è aumentato del 40% e favorisce soprattutto i rapper, i cantautori che fine faranno?
Che ci siano delle discrepanze tra i due generi e tra queste situazioni è evidente. I grandi nomi del pop e i cantautori puntavano soprattuto sui grandi eventi e sui live. Purtroppo, come sappiamo, i concerti sono bloccati. Ci sono artisti più ‘piccoli’ che fanno grandi numeri su Spotify e al confronto un cantautore può avere meno ‘appeal’ sulla piattaforma digitale. Credo sia una situazione momentanea, cambierà tutto e cambieranno le dinamiche nei prossimi mesi. Vedremo in che direzione si andrà.

Nel disco tu racconti tante storie tra cui “Le guardie” dove descrivi la violenza, le risse in un bar. Come mai?
Mi piace immaginarmi giornalista per descrivere (senza alcun tipo di giudizio) le cose che mi circondano e anche quello che accade in strada, i momenti del nostro quotidiano. In questo caso volevo raccontare la violenza, poi è scoppiato il caso di Willy e in qualche modo sembra quasi che io abbia previsto quanto accaduto. Molte persone, quando è morto Willy, sono cadute dal pero per quanta violenza animalesca si è scatenata su di lui. Ma questa violenza la troviamo ovunque e ogni giorno, anche nel mio quartiere a Trastevere dove c’è sempre gente che litiga e si prende a bottigliate. Insomma questo per dire che ormai nella nostra società c’è talmente tanta violenza che può accadere che ci scappi il morto.

Qual è la causa scatenante di questa violenza?
Non lo so ma è diventato davvero un problema, si sta superando il limite bisognerebbe educare le persone a sapersi comportare.

Cosa ne pensi delle manifestazioni che ci sono state nei giorni scorsi tra arresti, guerriglie e negozi assediati?
Colpire i negozi è sbagliatissimo e queste non sono manifestazioni che sono legittime e sono un’altra cosa. Sono opera di balordi che vanno a spaccare ovunque, gente che non si sta rendendo di come stanno le cose.

Il singolo “Fratellì” racconta di tossicodipendenza ed è uscito nell’esplosione dei tormentoni estivi. Scelta controcorrente?
Sì, perché volevo raccontare in maniera nuda e vera una realtà che spesso si sottovaluta. Purtroppo si tende a minimizzare il problema ma la droga non solo dà problemi di dipendenza, causando anche problemi psicologici, diventa anche un problema per la società. Giusto dunque parlarne però facendolo cercando di capire cosa si cela dietro queste situazioni e non da nonno che si lamenta come si stava meglio ai suoi tempi. Parlarne bene può anche aiutare qualcuno a confrontarsi ed uscirne.

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