Dopo il ricovero per covid-19, il giornalista, in collegamento col programma de La7 ha raccontato la sua esperienza: "Quello che succede in quei reparti bisogna saperlo"
“Siamo contenti di averti qui e che tu sia uscito dalla terapia intensiva, dove sei stato per tre settimane“. Con queste parole Lilli Gruber saluta Massimo Giannini, ospite in collegamento a Otto e Mezzo. “Posso dire di essere stato fortunato, il peggio è alle spalle. Però è stata dura. Tre settimane, sei giorni in terapia intensiva, tre in subintersiva e gli altri nel reparto che, ho imparato, si chiama pulito-sporco. È stata un’avventura davvero molto pesante, ho visto tanto dolore, ho visto tanta sofferenza, ho visto anche persone morire“.
Non si tira indietro Giannini, e già con un editoriale ha raccontato la terribile esperienza del Covid: “Credo che la testimonianza di chi sta male conti molto di più dei tanti dibattiti che stiamo ascoltando da settimane e settimane” continua il direttore. “Cos’è il reparto pulito-sporco?”, chiede Lilli Gruber. “Ho cercato di capire quei tre ‘gironi danteschi – continua Giannini – a me è stato risparmiato il quarto, il più tremendo, quello della rianimazione. Il reparto pulito-sporco è quello in cui sono ricoverati i pazienti un po’ meno gravi, sono coloro che stanno chiusi nella loro stanza, contagiati, positivi, non possono né uscire né aprire la porta. Quella porta si apre soltanto a orari prestabiliti quando arrivano i medici per fare i controlli, gli infermieri per distribuire le terapie, gli operatori sanitari per pulire la stanza. Entrano bardati, escono e buttano tutto, è una condizione che mai avevo sperimentato”. Ma la cosa che più ha colpito il giornalista è “vedere quanti giovani stanno male, quante persone ricoverate sono in condizioni gravi e, anche qui, una procedura che non conoscevo, una manovra di emergenza, la pronazione che credo sia un’esperienza che tutti devono conoscere quando parlano del covid come fosse una specie di influenza”. “Ci spieghi bene cosa vuol dire?”, chiede la conduttrice. “I pronati sono quei ricoverati gravi per i quali l’ossigeno non è sufficiente, devono essere intubati, quindi vengono prima sedati, di fatto anestetizzati, poi intubati con dei tubi che entrano nei bronchi e per 16 ore vengono pronati, cioè sdraiati sul lettino a pancia in giù, in una posizione guidata da un rianimatore esperto. Per le otto ore successive vengono girati e messi supini, e stanno così per otto ore. Poi comincia il turno successivo, altre sedici ore pronati, altre otto ore supini. Si può andare avanti giorni così, perché, come dicono i medici, “i polmoni devono distendersi”. Se questo succede verrai estubato, ti sveglierai e potrai dire, se ce la fai, “sono salvo”. In qualche caso questo non succede e quindi quando sei estubato te ne sei già andato e nessuno ti ha dato l’ultimo saluto”. E la conclusione di Giannini è più che condivisibile: “Questo succede in quei reparti, bisogna saperlo”.