Il Guardian di martedì 27 ottobre informa che in Inghilterra la catena di farmacie Boots renderà disponibile entro poche settimane un servizio di tampone rapido in grado di fornire il risultato in 12 minuti, al costo di 120 euro. Il test che dà il risultato in 48 ore è già disponibile in 10 negozi e l’intenzione è di estenderlo a 50 punti vendita in tutto il Regno Unito. E in Italia? Cinque giorni fa il ministro della Salute Roberto Speranza, durante la conferenza Stato-Regioni, ha proposto di sperimentare tamponi rapidi in farmacia anche in Italia sempre per fronteggiare l’emergenza del tracciamento e alleviare la pressione su ospedali e medici.

Come al solito, da noi le cose sono più complicate. L’Ordine dei farmacisti si è detto subito favorevole, anche perché aveva chiesto la sperimentazione già alla fine dell’estate ipotizzando che una seconda ondata potesse mandare in tilt tracciamento, laboratori e ospedali. Si è perso tempo, mesi preziosi, durante i quali le uniche sperimentazioni che hanno coinvolto i farmacisti si sono limitate alle campagne di screening attraverso test sierologici avviate in Emilia Romagna e nella Provincia Autonoma di Bolzano. La proposta alla fine è arrivata. Il presidente dei farmacisti, il deputato Andrea Mandelli, l’ha accolta “con soddisfazione” chiedendo di dar seguito all’annuncio avviando a breve “un confronto con le autorità sanitarie per definire in brevissimo tempo un protocollo che consenta di svolgere tale attività in farmacia, garantendo la massima sicurezza dei cittadini e dei farmacisti”.

Anche perché la sperimentazione richiede che siano prima individuate modalità precise di erogazione del servizio, reagenti e non ultimo il prezzo, visto che la prestazione sarebbe in parte a carico del SSN. Mandelli, raggiunto al telefono, fa sapere di non aver ricevuto comunicazioni di sorta dal ministero, non c’è un calendario fissato, siamo lontani dal “confronto” auspicato. Qualcosa in realtà sta succedendo ma a Trento. “Stiamo facendo una sperimentazione con il presidente Maurizio Fugatti – spiega Mandelli – che ha chiamato i farmacisti per sperimentare un protocollo che possa poi essere esteso a livello nazionale capace di coniugare il massimo rispetto del cittadino e il massimo di sicurezza per gli operatori. Abbiamo avuto la prima riunione tecnica sul progetto, ma ci ha chiamato Fugatti, da Roma nessuno”.

Vero è che è bastato l’annuncio per sollevare un muro di critiche e pregiudiziali. In ambito scientifico sono stati i biologi ad alzare per primi la voce esprimendo contrarietà per varie ragioni. Il presidente della Federazione, che è il senatore Vincenzo D’Anna, ha sbottato “i test veloci in farmacia sono inaffidabili ed eseguiti in luoghi inidonei. Intervengano i Nas e i nuclei ispettivi delle Asl”. In realtà, come detto, non risultano autorizzazioni per le farmacie a somministrare tamponi. D’Anna ha messo le mani avanti, contrapponendo l’esperienza dei laboratori clinici accreditati con il SSN alle incognite che si avrebbero qualora il prelievo fosse autorizzato in farmacia. “Il prelievo dovrebbe essere eseguito con le adeguate misure di protezione per il personale, con adeguata e costante sanificazione e con lo smaltimento dei rifiuti ai sensi della vigente normativo sul trasporto dei rifiuti tossici e nocivi. Tutte cose che normalmente vengono eseguite alla lettera nei laboratori specializzati accreditati. Cosa succederebbe nel caso in cui qualcuno risultasse positivo al test: si chiuderebbe immediatamente la farmacia, mettendo in quarantena clienti e dipendenti, così come accaduto, ad esempio, con le scuole?”.

La replica dei farmacisti è che dal 2009, non da oggi, nelle farmacie si possono eseguire esami diagnostici di prima istanza, “non mancano dunque né le competenze né le risorse organizzative per procedere anche all’esecuzione di questi test. In più quella delle farmacie è una rete capillare di punti vendita diffusa su tutto il territorio. Ecco – conclude il loro presidente – se vogliamo sconfiggere il virus dobbiamo assolutamente riprendere col tracciamento e isolare i positivi. Questo ci dice l’esperienza dei paesi che ce la stanno facendo. Non si può affrontare questa emergenza sanitaria con mezzi ordinari: occorre mettere a sistema tutte le risorse disponibili”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Coronavirus, al Teatro alla Scala di Milano 21 artisti positivi: un corista in ospedale. “Continuiamo a lavorare per la Prima”

next
Articolo Successivo

Coronavirus, l’Umbria ha paura: assediati i pronto soccorso, “non li affollate”. L’ospedale da campo annunciato ad aprile non è pronto

next