Un’altra retromarcia, la seconda in poche settimane. Poi l’ennesimo cambio di strategia, deciso (ma non ancora ufficiale) nell’arco di un pomeriggio. Sintomi della schizofrenia della giunta provinciale di Bolzano nel decidere le nuove restrizioni. L’Alto Adige ha vissuto qualche giorno di autonomia dalle misure del Dpcm, lasciando aperti i cinema e scegliendo la linea morbida per i ristoranti, chiusi solo alle 22. Ma sono bastate 72 ore per ribaltare tutto: lo impongono i dati, che parlano di 298 nuovi casi nelle ultime 24 ore, con un’incidenza nelle ultime due settimane di 537 positivi per 100mila abitanti, una delle più alte in Italia. Annunciate quindi dal presidente Arno Kompatscher misure durissime: chiusura di bar, gelaterie e pasticcerie, mentre ristoranti e anche i negozi dovranno abbassare le saracinesche alle ore 18. In serata però arriva già il primo ripensamento: durante la settimana bar, gelaterie e pasticcerie potranno restare aperti fino alle 18, con un limite di 4 persone per tavolo, mentre la chiusura totale varrà solo nel weekend. “Ci muoviamo in linea con la Germania e l’Austria“, ha detto Kompatscher. Un modo per ribadire ai suoi elettori che le indicazioni non arrivano da Roma, che l’Alto Adige fa da sé e semmai segue l’esempio di Berlino. E poi le ragioni di natura economica, quelle che hanno spinto le stesse associazioni di categoria a chiedere la retromarcia: “Meglio ricevere i ristori governativi“, che senza la chiusura anticipata dovrebbero essere restituiti. Quando da Roma arrivano i soldi, invece che gli obblighi, allora vengono accettati.

La mossa di Kompatscher è ormai una consuetudine. Già a metà ottobre la Giunta provinciale Svp-Lega non aveva recepito il primo Dpcm del governo, salvo poi cambiare idea in pochi giorni e introdurre praticamente le stesse misure con un proprio provvedimento. Poi, dopo la seconda stretta decisa da Palazzo Chigi, Bolzano ha voluto comunque distinguersi: i bar aperti fino alle 20, i ristoranti fino alle 22, nessuna chiusura per cinema e teatri. “Comportandoci in maniera responsabile possiamo tenere la situazione sotto controllo dal punto di vista sanitario ed evitare misure ancora più drastiche”, diceva lunedì Kompatscher. Ora cambia versione: “Dobbiamo intervenire e sfruttare la settimana di ferie scolastiche in Alto Adige, per salvaguardare il lavoro e le attività economiche principali e la scuola“. Il governatore annuncia restrizioni ancora più dure di quelle previste sul resto del territorio nazionale, con un’ordinanza che andrà “oltre l’ultimo Dpcm“.

La nuova ordinanza sarà firmata domani e sarà in vigore da sabato 31 ottobre fino a martedì 24 novembre. Divieto assoluto per ogni tipo di evento, manifestazione oppure feste private, annullate anche le attività di cori e bande musicali, coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino. La pratica dell’attività sportiva sarà consentita solamente in forma individuale con lo stop a sport di contatto e allenamenti di gruppo. Nelle scuole la didattica a distanza dovrà coprire almeno il 50% delle ore di lezione. Ma l’importante è che a prendere le decisioni sia stata Bolzano e non Roma. Per la Südtiroler Volkspartei è cruciale far sapere ai propri elettori, specie quelli dei Paesi più piccoli della Provincia, che la gestione dell’emergenza è in mano alla Stella Alpina e che è quest’ultima a imporre gli obblighi. In questo gioco, trova la sponda del partner di giunta, una Lega che approva la volontà di discostarsi da Roma. A Trento infatti il governatore del Carroccio, Maurizio Fugatti, ha a sua volta emanato una sua ordinanza, che però è stata già impugnata dal governo centrale.

A Bolzano non ce ne sarà bisogno. Le velleità di autonomia anche sul Covid sono state superate dagli eventi. E dalla questione economica. La scelta di orari più elastici per i ristoranti, scrive il Corriere dell’Alto Adige, non ha riempito i tavoli, perché anche i bolzanini sono più cauti. E, dopo l’approvazione del decreto ristori, i ristoratori altoatesini rischiavano di rimanere anche senza gli indennizzi prevista dal governo. Gli stessi operatori economici hanno quindi spinto per un allineamento con le direttive del governo Conte. Fino a convincere Kompatscher e la Svp: “Non vogliamo fare danno ai ristoratori, se tengono aperto rischiano di perdere il ristoro fiscale“.

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