Anche in Italia serve un nuovo lockdown subito, almeno su base locale? Il giorno dopo gli annunci di nuove pesanti restrizioni in Francia e Germania, gli scienziati e la politica si dividono sulla necessità immediata di nuovi interventi più drastici rispetto al dpcm di domenica scorsa. Secondo il Gimbe misure locali non sono più rinviabili, pena la necessità di una chiusura di tutto il Paese per quattro settimane. Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, partecipando ad Agorà su Rai3 ha avvertito che “andiamo verso una situazione simile alla Francia, sono davanti a noi di poco. Si tratta solo di capire quando, non se”. Quindi “temo che ci siamo molto vicini, soprattutto in determinate aree del paese“. Più cauto Agostino Miozzo, a capo del Comitato tecnico scientifico: dalle pagine del Corriere della Sera spiega che “solo con il rispetto rigoroso delle regole il lockdown potrà essere ricordato come una brutta esperienza del passato. Fra due settimane sapremo se abbiamo raggiunto il limite non compatibile e si deve passare a un intervento più radicale“.

Attendista anche Giuseppe Sala, sindaco di Milano dove l’evoluzione dei contagi e la situazione delle strutture sanitarie suggeriscono secondo Walter Ricciardi la necessità di una stretta (come a Napoli): il primo cittadino ribadisce che occorre attendere di vedere gli effetti delle misure “dolorose” già in atto. “Vogliamo vedere che effetto danno queste azioni? Vogliamo darci qualche giorno per vederne l’effetto?”, commenta in un video sulle sue pagine social. Più preoccupato l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera: “Abbiamo provato a convivere in qualche modo con la diffusione del virus nei mesi scorsi. Tutto questo non è servito“, dice a ‘L’Aria che tira‘ su La7. “C’è una crescita indubbia dei ricoverati e una crescita costante, non esponenziale, delle terapie intensive. Tutto questo preoccupa, ma vediamo se le misure messe in campo e secondo me un atteggiamento molto più responsabile oggi dei cittadini, producono qualche effetto positivo ed evitano il lockdown”, spiega l’assessore.

Lo stesso sindaco Sala si appella alle restrizioni introdotte con il nuovo Dpcm: “Penso ai ristoratori, ai bar, a tutti quelli che fanno parte della comunità dello spettacolo, ai tassisti, allo sport. Perché il giorno dopo queste misure si esce già dicendo ‘ma forse poi si fa il lockdown’. Allora perché le abbiamo fatte?”. “La cosa che mi preoccupa”, continua, “è che è come se si volesse creare l’idea che c’è un partito del no lockdown, rappresentato da me e dal sindaco di Napoli de Magistris ad esempio, e un partito del lockdown rappresentato dal ministero della Salute, non è così. Dico che se è da fare, da sindaco di Milano, da padre di questa comunità voglio essere coinvolto, voglio vedere i dati e voglio essere partecipe della decisione. Non voglio vedere l’ipotesi sui giornali fatta filtrare, anzi comunicati da un consulente del ministero della Salute. Chiedo di essere partecipe”. E in parallelo “il mio governo mi deve dire come mi aiuta con la comunità milanese e come chi sarà in difficoltà sarà sostenuto”.

La Regione Lombardia, ricorda Gallera, “ha assunto prima del governo delle misure rigide. Giovedì abbiamo introdotto il coprifuoco alle 23 e il governo è intervenuto domenica. Vediamo se da qui ai prossimi giorni, fino a lunedì-martedì, queste misure che avevano l’obiettivo anche di indurre comportamenti diversi e più rispettosi, più rigidi sul distanziamento e sull’evitare cose inutili e attività di socialità da ridimensionare fortemente, riescono a produrre un risultato positivo”. L’assessore però sostiene che nonostante tutto “alcune cose potevano essere tenute aperte, penso a piscine e palestre“. E smentisce pure le sofferenze degli ospedale lombardi: “Le capacità per assorbire i pazienti ci sono“. “E’ chiaro che questi posti letto vanno riconvertiti, e c’è necessità di farlo in maniera più veloce, perché la situazione” dei contagi “sta incrementando velocemente e in maniera più diffusa su tutto il territorio regionale”.

Un aumento del 108% dei decessi e dell’89% dei nuovi casi nella settimana dal 21 al 27 ottobre. Sono questi i numeri, tra gli altri, che hanno portato la Fondazione Gimbe a chiedere al governo “immediate chiusure locali” per evitare “un mese di lockdown nazionale. E proprio da un membro dell’esecutivo, il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, arriva un’analisi simile: “Coi numeri attuali non vedo un lockdown nazionale, ma lockdown chirurgici sono necessari in alcune aree per fermarsi, riorganizzare il sistema, rallentare per ripartire immediatamente. Si tratta di aree piccole in cui però non è saltato solo il tracciamento, ma tutto“, ha detto alla presentazione online del Terzo report italiano sulle terapie avanzate. Rispetto ai risultati delle misure dell’ultimo dpcm, “un calo di numeri significativo non credo ci sarà, ciò che stiamo mettendo in atto mira a rallentare l’ascesa dei casi o stabilizzarli, per non mettere sotto pressione i sistemi sanitari e permettere un tracciamento dei casi che in molti territori è saltato”. Ma a preoccupare, aggiunge Sileri, sono soprattutto alcune precise aree del paese in cui “i cui pazienti arrivano in ospedale con minimi sintomi, perché sul territorio, soprattutto soggetti anziani non trovano risposta. Vanno individuate strutture in queste persone possono essere controllate senza ricorrere all’ospedale”, spiega il viceministro della Salute.

Galli: “Scuole non possono essere considerate luoghi completamente sicuri” – Riguardo alle misure già adottate, tra cui la didattica a distanza per l’ultimo triennio delle superiori, Galli sottolinea che pur “con tutti gli sforzi fatti a scuola, resta tutto quello che viene prima e che viene dopo, e talvolta anche durante, perché il distanziamento completo a scuola non lo riesci a ottenere. Quindi, con molta sofferenza, le scuole non possono essere considerate luoghi completamente sicuri”. Agostino Miozzo, a capo del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus, dalle pagine del Corriere della Sera sulle scuole sostiene invece che “il vero coraggio è tenerle aperte e adattare il sistema a questa esigenza. Sono stati fatti miracoli per trasformare il cronico disastro del sistema scolastico in qualcosa che sia in grado di affrontare la crisi che stiamo passando. Dobbiamo difenderlo se non vogliamo trovarci centinaia di migliaia di ragazzi terrorizzati e affetti dalla sindrome della capanna“.

Miozzo: “Dov’erano questi esperti di gestione delle emergenze quando venivano tagliati i letti? – Riguardo alla richiesta di lockdown, almeno parziale, da parte del consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi, Miozzo afferma di “stimare molto Ricciardi, di cui sono amico, ma lui è esperto di sanità pubblica“. Ma “questa emergenza mi ha insegnato che le decisioni di giungere al lockdown includono anche valutazioni relative alla sicurezza, all’erogazione dei servizi essenziali, all’economia. Io non ho tutti questi strumenti di valutazione e invidio i colleghi capaci di fare valutazioni così complesse dal chiuso del reparto dove dovrebbero assistere i loro malati”. “Ho letto di tutto”, ricorda Miozzo, “analisi totalmente errate e disorientanti di pseudo esperti che hanno evidentemente la sfera di cristallo e la bacchetta del mago Merlino proponendo soluzioni magiche a problemi estremamente complessi. Che siano i politici a criticare le indicazioni del Cts mi sembra quasi legittimo, è nel pieno diritto. Che siano dei tecnici a dire cose inesatte e fuorvianti è molto meno legittimo”. E ancora: “Imputare al Cts responsabilità di una situazione figlia delle sofferenze imposte al sistema sanitario italiano nei decenni passati è, non solo scorretto, ma direi disonesto – prosegue Miozzo – Dov’erano questi esperti di gestione delle emergenze dell’ultima ora, quando venivano tagliati ospedali pubblici e letti di terapia intensiva, quando la politica penalizzava il sistema di sanità pubblica? Non ricordo le voci di questi nuovi urlatori di professione alzarsi forti per denunciare i tagli”.

“Pressione su ospedali difficilmente sostenibile” – Secondo Galli, “praticamente già l’intero sistema sanitario è coinvolto al punto da fare molta fatica a rispondere a qualsiasi altra necessità dei cittadini dal punto di vista della salute. E questo è l’aspetto che io trovo uno dei più angoscianti e preoccupanti. E significa che probabilmente andiamo verso una soluzione vicina a quella della Francia“. Miozzo concorda: “Gli ospedali soffrono una pressione difficilmente sostenibile nel lungo periodo – dice il numero uno del Cts – soprattutto nei territori in ritardo nell’organizzazione dei percorsi dedicati ai pazienti Covid. L’unico modo per alleggerire è coinvolgere medici di famiglia e pediatri di libera scelta fornendo loro tutti i mezzi per operare, i materiali di protezione, gli strumenti diagnostici. Con l’accordo appena siglato, tutti i cittadini potranno fare i tamponi rapidi con il loro medico. In questo i medici vanno coinvolti, anche ospitandoli in spazi dedicati se il loro studio non va bene. Naturalmente vanno messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, senza escludere sanzioni per chi si rifiuta”.

“Riduzione marginale delle libertà per il bene della comunità” – “Il Dpcm – spiega ancora il capo del Cts – risponde alla situazione attuale del Paese che è in rapidissimo peggioramento. Le stesse misure le ha adottate oggi la Germania. Noi dobbiamo orientare i comportamenti dei nostri concittadini al rispetto rigoroso del distanziamento, alla riduzione di tutti i contatti a rischio, alla limitazione di tutte le possibili occasioni di contagio. E’ la gradualità di comportamenti da mettere in atto come ultimo tentativo per evitare la ben più dolorosa decisione del lockdown generale”. “Dobbiamo promuovere, insistere, fare tutto il necessario – rimarca – per avere tutti sul proprio cellulare l’applicazione Immuni. Se vuoi entrare in università devi avere l’applicazione. So di andare contro la libertà dei singoli e i diritti costituzionali, ma dobbiamo convincerci che il bene dell’intera comunità passa anche dalla riduzione, tutto sommato marginale, di alcuni aspetti delle nostre libertà. Con una notifica di Immuni scatta l’isolamento e si interrompe la catena del contagio”.

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