Nella stessa giornata il leader della Lega è riuscito a compiere una tripla giravolta sulla chiusura totale per limitare i contagi: a colazione ha detto che "se ci sono le necessità di farlo è giusto farlo", a pranzo ha twittato che "sarebbe un disastro", a cena che farà "di tutto per evitarlo". Quindi ha puntato il dito contro l'esecutivo per i mesi (secondo lui) persi. Gli stessi mesi in cui il leader leghista promuoveva in modo singolare la mascherina, partecipava a comizi negazionisti e negava la possibilità di una seconda ondata
“Un lockdown? Se ci sono le necessità di farlo è giusto farlo”. L’ultima giravolta Matteo Salvini l’ha fatta alle 9 del mattino, non in tv ma a Radio Anch’io. Dopo giorni trascorsi a bombardare il governo sulle strette varate per limitare il contagio, dopo ore passate nell’ufficio di Attilio Fontana a frenare sul coprifuoco, il leader della Lega ha pronunciato la parola proibita: lockdown. “Mi auguro che non ci sia questo bisogno ma, siccome la vita viene prima di tutto, se serve si fa“. Ma come? Il frontman dei “minimalisti” del Covid? Quello che non voleva manco parlare di seconda ondata? Che a ogni telecamera accesa fa l’elenco “dei ristoratori, dei baristi, dei pasticceri, dei tassisti, delle palestre e delle fiere”, tutti duramente colpiti – anzi “messi in ginocchio” – dalle misure decise dal governo di Giuseppe Conte? Proprio lui ora parla di lockdown? E lo fa mentre i sindaci lombardi della Lega, forse rimasti alla versione precedente della linea di via Bellerio, annunciano di essere pronti a ricorrere contro il Dpcm di domenica scorsa, quello che chiude alle 18 bar e ristoranti.
Ovviamente non poteva durare. E infatti se a colazione Salvini ha aperto al lockdown, già all’ora di pranzo è arrivata la marcia indietro. Prima ha fatto scrivere sulla sua pagina twitter questo messaggio: “Chiusura totale? Sarebbe un disastro, non tanto per Conte (cosa ha fatto per sei mesi?) ma soprattutto per gli Italiani. Bisogna lavorare per evitarlo, a ogni costo, tra le altre cose con cure e tamponi a casa“. Alzandosi dal suo banco al Senato, poi, ha replicato a Conte con queste parole: “Una nuova chiusura sarebbe il fallimento di questi sei mesi del suo governo, spero che nessuno sia disposto a lavorare per salvare se stesso e la poltrona”. E all’ora di cena un altro zig zag, con l’auspicio: “Farò di tutto per evitarlo”.
Ora, è vero che un nuovo lockdown sarebbe una scelta dolorosissima, soprattutto dal punto di vista economico. Per questo motivo il governo sta cercando, ormai da due settimane, di evitare a ogni costo l’estrema decisione di chiudere tutto. È anche vero, però, che all’opzione lockdown sono già dovuti tornare i leader di Paesi più ricchi e organizzati del nostro, come Angela Merkel in Germania (seppur in versione light), e soprattutto Emmanuel Macron in Francia. Non hanno varato la stretta totale per “salvare le poltrone” ma per il semplice motivo che la seconda ondata dell’epidemia è ormai fuori controllo. Solo che se ordinato all’estero il lockdown è una decisione che piace pure a Salvini. Lo storico alleato di Marine Le Pen è arrivato addirittura ad elogiare l’inquilino dell’Eliseo: “Macron si sta dimostrando più serio del governo italiano e mi dispiace dirlo perché non è che sia un suo tifoso”. Poi oggi è andato a manifestare vicinanza per l’attentato di Nizza all’ambasciatore francese: “Gli ho spiegato – ha detto – che qui è un po’ confusa la situazione. Non avrei mai pensato di lodare Macron, ma rispetto al nostro è un gigante“. Il nostro ovviamente sarebbe Conte.
Va detta una cosa: Salvini ha ragione quando dice che in Italia “è un po’ confusa la situazione“. Ma se è confusa la responsabilità è anche sua. L’uomo che oggi definisce una nuova chiusura come “il fallimento di questi sei mesi del governo“, per tutta l’estate ha provato a negare persino l’arrivo di una seconda ondata di epidemia, tentando di confutare le ipotesi di emergenza nazionale e rivendicando a più riprese un utilizzo quanto meno singolare della mascherina. In principio fu il 2 giugno, prima ancora che scattasse la riapertura della mobilità tra le Regioni, quando cioè il centrodestra era sceso in piazza per protestare contro il governo. Era una delle prime manifestazioni in cui si potevano notare folla, assembramenti e mascherine abbassate. A cominciare da quella di Salvini, che ci teneva a mettere in bella vista naso e bocca durante i selfie con i fan. Poi venne la versione di Salvini virologo, quando a domanda diretta – l’Italia sarà pronta per una seconda ondata di coronavirus? – l’ex ministro aveva la grande occasione di dettare al governo la sua agenda. Avrebbe potuto rispondere che occorreva rivoluzionare i trasporti, potenziare le Terapie intensive e puntare tutto su tamponi e tracciamento. Invece ha risposto: “Ma perché dovrebbe esserci una seconda ondata?”.
Era l’inizio dell’estate quando il più estivo dei leader stava cominciando a condurre la sua personale battaglia sul virus. Alternando comizi a manifestazioni negazioniste con sudate passeggiate sulle spiagge d’Italia, mostrava il viso scoperto a ogni fan che gli chiedeva una foto. Come quella a Milano Marittima alla fine di luglio: abbracci e baci a chi gli chiedeva una foto, con tanto di facce vicine-vicine per entrare meglio nelle inquadrature. Ai primi di agosto stesso copione a Cervia, sul palco della Festa della Lega. Così fino a settembre, con le varie passeggiate elettorali in Toscana, mascherina al collo e pacche sulle spalle. In mezzo il capo del Carroccio è spuntato al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, il 21 di agosto, dove si è fatto segnalare per un annuncio importante: “Non c’è un’emergenza coronavirus in corso“. Due mesi dopo ragioniamo di tornare al lockdown.
L’apice, però, si è registrato il 27 di luglio, al Senato, quando Salvini era tra i protagonisti di “Covid-19 in Italia, tra informazione scienza e diritti”, cioè un evento con tendenze complottarde che riuniva filosofi, giornalisti, giuristi e medici. Tutti accomunati dall’idea che il Parlamento avrebbe dovuto bocciare le risoluzione per prolungare lo stato di emergenza. Particolarmente dettagliato l’intervento dell’ex capo del Viminale: “Il saluto con il gomito è la fine della specie umana, io mi sono rifiutato, piuttosto non saluto”. In quell’occasione si era presentato senza mascherina. Ai commessi che lo invitavano a coprirsi la faccia, aveva risposto: “Non ce l’ho e non la metto”. Poi aveva illustrato alla platea un po’ di casi di studio, ovviamente ambientati in spiaggia: “Ho visto una signora al mare entrare in acqua con la mascherina. Vuol dire che c’è da fare lavoro di recupero importante, un lavoro culturale“.
Per la verità, anche sull’utilizzo del principale dispositivo di protezione individuale la linea del capo della Lega è stata tutt’altro che netta: mentre alternava passeggiate sulle spiagge a comizi con la folla, infatti, Salvini rilasciava pure dichiarazioni persino responsabili. Era il 3 agosto – sette giorni dopo l’aneddoto della donna al mare – quando a Sky, invitava i giovani a “usare la testa” e soprattutto a “rispettare la scienza: la mascherina quando è necessaria si mette“. Ecco: il sospetto è che Salvini non abbia capito quando sia necessaria. Subito virale era diventato lo scambio con Giovanni Floris a DiMartedì, quello su “posso abbassarmi la mascherina quando parlo con una signora? Ah non posso?”. Meno diffuso, invece, l’intervento a Palazzo Madama dell’altro giorno. Senza mascherina, si è fatto richiamare dal presidente di turno, che non era un grillino ma il collega leghista Roberto Calderoli. Il segretario ha obbedito a uno dei leader storici del Carroccio, ma ha risposto così: “Io mi metto la mascherina, voi dovreste mettervi la maschera e vergognarvi”.