L’accelerazione è senza dubbio la cifra che più ha caratterizzato e caratterizza la nostra epoca. A partire dalla rivoluzione industriale, la contrazione del tempo ha conosciuto un aumento crescente ma l’avvento del digitale ha impresso una velocità sempre maggiore a tutte le nostre forme di relazione e di comunicazione. Tale contagio appare sempre più evidente, al punto di renderli insopportabili, nei talk show televisivi.
La tendenza dominante è di riempire ogni trasmissione di ospiti a cui viene dato pochissimo spazio, per esprimere un qualsivoglia ragionamento articolato. La scena è ormai nota, si pone una domanda e appena l’intervistato inizia a parlare, il/la conduttore/trice lo interrompe a volte non per tagliare ma per dire lui/lei le stesse cose che avrebbe detto l’interrogato. In altri casi gli si mette fretta, perché bisogna immediatamente dare voce a un altro invitato, che verrà a sua volta interrotto di lì a pochi secondi.
Un fenomeno questo che riporta nexting, studiato dagli specialisti di comunicazione digitale, per cui ciò che avviene dopo sembra essere sempre più importante. Il caso tipico è quello del gruppo di amici che sta conversando, ma se arriva il “tin!” dell’avviso di un messaggio, l’interessato interrompe la conversazione, reputando che ciò che contiene quel messaggio debba essere necessariamente più importante di quanto si stava dicendo con gli amici.
Il risultato è che questi talk show non sono più un’occasione di riflessione, ma una sfilata di personaggi, tra i quali pochi hanno l’autorevolezza di sottrarsi alla tirannia di un tempo troppo affollato o peggio al protagonismo di chi conduce, che deve per forza ridurre, semplificare con parole sue, per far vedere che sa benissimo cosa vuole dire l‘ospite, ma soprattutto perché deve fare di fretta. La quantità prevale sulla qualità. Scompare così ogni forma di narrazione di un qualsiasi senso, tutto si riduce a slogan, del quale sono maestri i politici (e non solo) peggiori.
Non sono certo un nostalgico delle vecchie tribune politiche in bianco e nero, con monologhi spesso incomprensibili ai più, ma tra quello stile retorico e il nulla dialettico credo ci siano delle vie di mezzo, certamente migliori di quella seguita oggi.