L'importante appalto ha come capofila Azienda Zero, per conto anche di Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Provincia autonoma di Trento, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte: "Prodotti idonei per un’attività di screening ad ampio raggio in tempi contenuti". Il virologo Crisanti però è scettico su questi test: "I dati sollevano delle criticità, 3 infetti su 10 non rilevati”
Azienda Zero, il braccio operativo della Regione Veneto, ha avviato la procedura per un maxi appalto da 148 milioni di euro (Iva esclusa) per la fornitura dei tamponi rapidi non solo al Veneto, ma anche a Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Provincia autonoma di Trento, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte. C’è chi però è scettico: Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia dell’ospedale di Padova, una settimana fa ha inviato una lettera alla Regione e al direttore generale dell’azienda ospedaliera di Padova, Luciano Flor, sostenendo che il tampone rapido non rivela tre positivi su dieci.
Il Veneto è già impegnato nell’importante appalto che ha come capofila Azienda Zero, per conto anche delle altre Regioni e di Trento. Si tratta di una gara “a minor prezzo” per fornire test rapidi, con o senza strumentazione di lettura. I primi hanno come base d’asta 4,50 euro, i secondi 15 euro. L’appalto è suddiviso in 14 lotti, due per ognuna delle Regioni (e Trento). La durata è di due mesi, rinnovabile di altri due mesi. I primi sette lotti (“prodotti senza strumenti di lettura”), considerando anche le opzioni per forniture maggiori e per un rinnovo bimestrale, arrivano a un totale di 37 milioni e 174 mila euro. Ecco il fabbisogno bimestrale previsto: Veneto 950mila, Lombardia 400mila, Emilia Romagna 1 milione, Lazio 200mila, Provincia autonoma di Trento 95mila, Friuli-Venezia Giulia 170mila e Piemonte 940mila. Gli altri sette lotti (“prodotti con strumenti di lettura”) hanno un valore base di 111 milioni e 540 mila euro. Il fabbisogno bimestrale previsto è: Veneto 500mila, Lombardia 800mila, Emilia Romagna 1 milione, Lazio 800mila, Provincia autonoma di Trento 50mila, Friuli-Venezia Giulia 170mila e Piemonte 60mila.
Il bando riporta le valutazioni di Roberto Rigoli, direttore dell’Unità operativa complessa di Microbiologia dell’Usl 2 di Treviso, diventato coordinatore delle microbiologie venete. In agosto ha scritto ad Azienda Zero: “I prodotti in questione sono da ritenersi idonei per un’attività di screening ad ampio raggio in tempi contenuti poiché forniscono in pochi minuti il risultato analitico e sono e di semplice utilizzo anche da parte di personale sanitario con competenze diverse da quelle prettamente laboratoristiche. I campioni raccolti non necessitano di particolari attività di preparazione e conservazione”. E ha aggiunto: “Gli eventuali campioni che dovessero risultare positivi saranno sottoposti a esame di conferma mediante le tradizionali tecniche di biologia molecolare attualmente in uso, che rimangono quelle di elezione per la diagnosi di infezione da Covid-19”.
Crisanti si basa su uno studio da lui redatto che dimostrerebbe come “i dati sollevino delle criticità”. Per questo ha aggiunto: “In autotutela, questa Unità operativa da oggi non emetterà referti negativi basati sul test antigenico Abbott”. Dal 15 settembre al 16 ottobre ha sottoposto a doppio test (con il Reparto Infettivi e il Pronto soccorso di Padova) un gruppo di 1.593 pazienti, un numero considerato statisticamente significativo. Prima il test rapido, poi quello molecolare. In totale ha scoperto 61 contagiati, di cui però 18 falsi negativi, alcuni con carica virale molto alta. Ecco perché ha concluso che 3 infetti su 10 non sono stati rilevati dal test rapido.
È quello che è accaduto (ma non a Padova) a Federica Pellegrini e a Mara Maionchi di “Italia’s Got Talent”, che hanno scoperto la loro positività solo dopo un tampone rapido negativo. Secondo Crisanti, questo sistema potrebbe essere usato solo negli screening di comunità, ad esempio nelle scuole, per verificare con una prima istantanea del gruppo se sia necessario passare ad analisi più complete, come il test molecolare.