La Corte d’Appello di Milano ha deciso che Cecilia Marogna, la manager coinvolta nell’indagine sull’ex numero 2 della Segreteria di Stato della Santa Sede, il cardinale Angelo Becciu, torna libera con obbligo di firma. La donna era stata arrestata a Milano il 13 ottobre per appropriazione indebita aggravata e peculato su mandato dell’autorità giudiziaria della Città del Vaticano. Due giorni fa, davanti ai giudici della quinta sezione penale d’appello (presidente del collegio Franco Matacchioni) era stata discussa l’istanza presentata dai legali dello studio Dinoia, che avevano chiesto di farla tornare libera o di disporre quantomeno i domiciliari.
Marogna, che qualche giorno fa non ha dato il consenso all’estradizione, secondo la ricostruzione della magistratura Oltretevere avrebbe usato parte del mezzo milione che avrebbe ricevuto per operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa, per l’acquisto di borsette, cosmetici e altri beni di lusso. Somma che la donna, che si è definita specializzata in relazioni diplomatiche in contesti difficili, ha ammesso di aver ricevuto spalmata su quattro anni e che includeva il suo “compenso, i viaggi, le consulenze” effettuate. Un caso questo che sta scuotendo il Vaticano e nel quale, secondo quanto rivela l’Espresso, Becciu sarebbe accusato per quelle cospicue elargizioni e per omessa vigilanza sul loro utilizzo.
Le tesi di accusa e difesa – La Procura Generale aveva dato parere negativo alla scarcerazione della donna ravvisando il pericolo di fuga e la mancanza di un indirizzo preciso tra Milano e la Sardegna, fattore che ostacolava l’eventuale concessione dei domiciliari.
Uno dei difensori, l’avvocato Fabio Federico, aveva contestato “alla radice” l’arresto che era stato convalidato peraltro dalla stessa Corte con conseguente misura cautelare in carcere, oggi revocata. Secondo il legale, che ha citato l’articolo 22 dei Patti Lateranensi, Marogna “non poteva essere arrestata dato che l’accordo tra Italia e Vaticano consente l’estradizione dal Vaticano all’Italia, ma non quella dall’Italia al Vaticano”. Per la difesa, poi, non sussisteva nemmeno “il pericolo di fuga”, poiché il suo arresto è avvenuto “sotto casa mentre stava andando al supermercato”. I giudici hanno deciso, in pratica, che le esigenze cautelari possono essere tutelate con la sola misura dell’obbligo di firma.