Quando il fuoriclasse ha smesso di giocare, in Argentina è nata l'ossessione di trovare un suo successore: un peso insopportabile per tutta una generazione di talenti che hanno alternato grande classe e basso rendimento. Anche perché El pibe de oro era di un'altra categoria
Stagione 1997/98. Diego Armando Maradona gioca la sua ultima annata da giocatore con la maglia del Boca Juniors. Sono già parecchi anni però che il mondo del calcio ha cominciato a chiedersi chi prenderà il suo posto. Il popolo argentino sente la necessità di veder arrivare un altro numero dieci come lui. La ricerca diventa un’ossessione tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000, quando ogni giovane talentuoso viene investito dalle aspettative e dall’etichetta di “nuovo Maradona”. Un fardello che ha condizionato le carriere di parecchi giocatori. Di cinque in particolare.
Ariel Ortega – Maradona non ha ancora dato il suo addio al calcio che già viene scovato il suo primo presunto erede. È Ariel Ortega. El Burrito viene scoperto dagli osservatori del River Plate nell’estate del 1991. Ha 17 anni e gioca con la maglia dell’Atletico Ledesma, la squadra della sua città. Con i Millionarios gioca fino al 1996, diventando l’idolo indiscusso della tifoseria a suon di giocate. Vince tre campionati e una Copa Libertadores prima di approdare in Europa. Claudio Ranieri lo vuole al Valencia ma in Spagna Ortega non si ambienta e delude le aspettative. Un anno e mezzo e viene ceduto per 23 miliardi alla Sampdoria. A Genova Ortega è accolto come una star e i tifosi blucerchiati già immaginano un campionato d’alta classifica come ai tempi di Vialli e Mancini. E invece arriva la retrocessione in B. Ortega mostra più ombre che luci e il suo passaggio al Parma non dispera nessuno. In Emilia El Burrito trova poco spazio. Diciotto presenze e appena tre reti. Troppo poco per la riconferma. Rientra in patria, ritrovando la maglia del River Plate. Nel 2002 riprova l’avventura europea. Firma con il Fenerbahce ma anche qui resta solo una stagione. Newell’s Old Boys e nuovamente River Plate sono le sue ultime squadre di rilievo, prima di concludere la carriera nel 2012 con il Defensores de Belgrano. Con l’albiceleste invece Ortega partecipa a tre mondiali. A 20 anni è a Usa ’94 insieme a Maradona. In Francia gioca un grande mondiale (due reti) fino ai quarti contro l’Olanda. L’Argentina viene eliminata e lui viene espulso per una testata a Van der Sar. È presente anche in Corea ma delude insieme a tutta la squadra, eliminata nella fase a gironi.
Juan Roman Riquelme – Dopo Ortega il testimone passa a Juan Roman Riquelme. Cresciuto come Maradona nelle giovanili dell’Argentinos Juniors, El Mudo viene acquistato al Boca Juniors quando è ancora un 17enne. A Buenos Aires investono 800mila dollari. Fantasista e dotato di un tocco raffinato, riesce a giocare insieme a Maradona nella sua ultima stagione da calciatore. Quando El Pibe de Oro si ritira eredita la numero dieci. Nel Boca Juniores di Carlos Bianchi è lui il centro della squadra. Vince due volte la Copa Libertadores nel 2000 e nel 2001 e trascina – insieme a Martin Palermo – la squadra alla vittoria della Intercontinentale contro il Real Madrid il 28 novembre 2000. Ha 22 anni e sono in molti a credere che lui possa diventare il “nuovo Maradona”. La pensavo così anche i dirigenti del Barcellona. Nel 2002 Riquelme compie lo stesso percorso che fece Maradona venti anni prima e si trasferisce in Catalogna. E proprio come Maradona non lascia il segno con la maglia blaugrana. Una sola stagione e Riquelme viene ceduto al Villareal. Sotto la guida di Pellegrini trova la sua dimensione europea. Gioca quattro stagioni di alto livello, trascinando il Sottomarino in semifinale di Champions League nel 2006 contro l’Arsenal. Ed è proprio in quel momento che qualcosa si rompe. Al ritorno, al Madrigal, Riquelme sbaglia il rigore che avrebbe potuto portare il Villareal in finale. Il contraccolpo psicologico è pesante. L’anno successivo l’argentino gioca una stagione deludete e viene messo anche fuori rosa da Pellegrini. Per lui è tornato il tempo di rientrare al Boca Juniors, con cui vince una Libertadores nel 2007. Gli ottimi risultati con le squadre di club non nascondono però le delusioni con l’Argentina. O almeno con la selezione maggiore. Si, perché con la squadra giovanile Riquelme riesce a mettere in bacheca un mondiale U20 e un oro olimpico a Pechino 2008.
Andrès D’Alessandro – “È il giocatore che più mi assomiglia. L’unico che mi diverte guardando una partita di calcio”. Ha dichiararlo è Maradona. Il giocatore oggetto della sua investitura è Andrès D’Alessandro. Per El Cabezon un fardello troppo importante da portare. A 19 anni esordisce con il River Plate e per due stagioni delizia il pubblico del Monumental e i top club d’Europa. Lo vogliono tutti ma alla fine D’Alessandro va in Germania, al Wolfsburg, dove lo ricoprono di soldi. Rimane tre anni in Bundesliga senza lasciare traccia. Dalla Germania all’Inghilterra. Altra squadra di seconda fascia, il Portsmouth. Ormai i migliori club del mondo lo hanno abbandonato. Un anno in Premier League e poi due in Liga, al Real Saragozza. Le giocate scarseggiano così come le soddisfazioni. Torna in Sudamerica, prima al San Lorenzo e poi all’Internacional di Porto Alegre. In Brasile arrivano i primi successi importanti della carriera. Sei campionati Gaucho, una Coppa Sudamerica, una Recopa Sudamericana e, sopratutto, una Libertadores. Lascia Porto Alegre nel 2016 per tornare dove aveva iniziato, al River Plate. È l’unico “erede mancato” di Maradona ancora in attività. Così come per Riquelme anche per D’Alessandro le soddisfazioni con la nazionale Argentina arrivano solo a livello juniores. Nel 2001 trascina la squadra alla vittoria del mondiale U20 e poi conquista l’oro olimpico ad Atene 2004.
Pablo Aimar – Maggior fortuna in Europa l’ha avuta Pablo Aimar, detto El Payaso. Anche lui cresciuto nel River Plate, nel 2001 si trasferisce al Valencia. La squadra spagnola è vice-campione d’Europa ma Aimar si ritaglia subito il proprio spazio. Nel 2004 è tra i protagonisti della doppietta Liga-Coppa Uefa e del successo in Supercoppa Europea. Dopo una parentesi al Real Saragozza (con il quale retrocede nel 2007/08) approda al Benfica. In Portogallo El Payaso rimane cinque anni, vince un campionato e sfiora un’altra Coppa UEFA (sconfitta in finale contro il Chelsea). Gioca un anno in Malesia e poi non resiste al richiamo di casa. Torna al River Plate. Gioca un anno e poi si ritira. Con l’Argentina conquista un secondo posto nella Coppa America 2007.
Javier Saviola – Se a D’Alessandro l’investitura è arrivata direttamente da Maradona, a Saviola è stata data dalla stampa spagnola. Tanto che El Conejo viene ribattezzato El Pibito quando il Barcellona lo acquista nel 2001. Classe 1981 e cresciuto nel River Plate, Saviola lega il suo nome soprattutto alla Liga. È uno dei pochi che può vantare di aver indossato le maglie di Barcellona e Real Madrid. Con i Blancos riesce a vincere una Liga nel 2007/08. In Spagna indossa anche le casacche di Malaga e Siviglia. Con gli andalusi è tra i protagonisti della vittoria in Coppa UEFA del 2006. Ha giocato un po’ ovunque. In Francia con il Monaco, in Portogallo con il Benfica, in Grecia con Olympiakos ed anche in Italia – senza particolare fortuna – con la maglia del Verona. Ed è in Veneto che il rapporto tra El Conejo e l’Europa si interrompe. Un lungo giro che alla fine lo riporta ai Millionarios. Dove tutti gli “eredi mancati” – tranne Riquelme – alla fine sono tornati. La Copa Libertadores è il suo regalo d’addio al calcio. Con l’Argentina si annoverano invece un oro olimpico nel 2004 e un mondiale U20 nel 2001. In entrambi i casi insieme a D’Alessandro.