La morte di un paziente a 87 anni poteva non destare sospetto, soprattutto in ospedale. Ma per un medico del Sacco di Milano c’era qualcosa che non tornava. Aveva capito che probabilmente l’anziano aveva ricevuto dosi troppo alte di sedativi, con tanto di manomissione dei macchinari. E’ così che la Procura di Milano, con i carabinieri di Garbagnate e Rho, hanno scoperto l’omicidio dell’87enne. A compierlo, secondo la loro ricostruzione, è stato un infermiere di 49 anni, operatore di rianimazione, compagno della nipote della vittima, ora finito ai domiciliari per effetto di un fermo di polizia giudiziaria firmato dal pm Nicola Rossato e dalla procuratrice aggiunta Laura Pedio e poi convalidato dal tribunale. E’ sul movente che ancora non ci sono ipotesi o meglio nessuna è esclusa. Da una parte il gesto di “umanità”: come racconta il Corriere della Sera, l’anziano aveva preso una polmonite, sottoposto a ventilazione polmonare meccanica, i medici lo ritenevano malato terminale, ma negli ultimi giorni sembrava essersi ripreso, parlava, era lucido. Dall’altra, invece, l’ipotesi del motivo più abietto: un delitto per ragioni economiche. Ma in questo caso non ci sono elementi a sostegno, almeno per ora. Non si sa se l’anziano avesse firmato un testamento e dall’altra parte lo stipendio dell’infermiere non era a rischio.
Al momento il dubbio non è sciolto dall’infermiere che ha deciso di non dire niente agli investigatori. E certo non migliora la sua posizione lo strano comportamento tenuto dopo la morte. Aveva comprato un biglietto per Parigi, si è presentato all’aeroporto di Linate, si è diretto fino al gate, ma poi c’ha ripensato. E’ tornato indietro, è arrivato a casa, a Paderno, e lì ha trovato i carabinieri che lo avevano seguito con il gps installato sull’auto. Al suo silenzio si è aggiunto quello della compagna e della madre di quest’ultima, cioè la nipote e la sorella della vittima.
Com’è stato scoperto il delitto? Un medico si è accorto che le dosi di farmaci erano state date con una velocità notevolmente superiore a quella prevista dalla terapia. E l’unico ad aver avuto a che fare con lui nei giorni delle dosi “anomale”, a parte il personale che assisteva il malato, era proprio l’infermiere familiare acquisito. L’analisi dei filmati di videosorveglianza dell’ospedale e dei tabulati telefonici hanno confermato presenze e spostamenti. Resta da capire il perché.