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Charlie Hebdo, le caricature occidentali viste dal Sahel

C’è caricatura e caricatura. Già nel 2015 qui nel Sahel e altrove si sono sofferte le conseguenze delle caricature del profeta dell’Islam pubblicate sul giornale satirico francese Charlie Hebdo. Buona parte dei luoghi di preghiera dei cristiani del Niger, a Zinder e a Niamey, furono vandalizzati da centinaia di giovani. Fu in seguito al famoso detto ‘Je suis Charlie’, io sono Charlie, pronunciato persino dall’attuale presidente della Repubblica del Niger.

Di recente la stessa caricatura, commentata da un insegnante di una scuola francese, ha offerto il pretesto ad un giovane musulmano di origine cecena per togliergli la vita decapitandolo.

Lo stesso giornale, che qualche giorno prima aveva ripubblicato le medesime caricature, ha poi preso come bersaglio il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo, in seguito al discorso commemorativo per la memoria dell’ucciso da parte di Emmanuel Macron alla Sorbona, aveva affermato che lo stato di salute mentale del suo omologo francese era preoccupante.

Di caricatura in caricatura si arriva alla democrazia attuale che, in Africa Occidentale come in Europa, non è che la grottesca deformazione di sé. Difficile intendere l’accanimento, tutto francese, a difendere e rivendicare il diritto alla profanazione di quanto è per l’altro prezioso e sacro. Senza vergogna alcuna, poi, nell’applicare nel proprio Paese e per tutto un popolo le misure più liberticide della democrazia dal dopoguerra ad oggi.

La caricatura è una deformazione della realtà che si basa sull’esagerazione di alcuni suoi tratti caratteristici. Il potere del popolo, col popolo e per il popolo è sempre stata una tendenza possibile che la storia si è ben guardata dall’applicare alle democrazie reali. E così, mentre si rivendica la libertà di dire e fare quanto sembra meglio, senza limiti o confini e in nome del secolo dei ‘Lumi’, ci si permette impunemente di prendere ad ostaggio tutto un Paese con palesi e mortificanti menzogne.

La libertà è politica, sociale, relazionale e si innesta in quella che si potrebbe definire ‘responsabilità’. La libertà macroniana è la libertà dei mercati, delle merci e del capitale. La stessa del ‘corpo è mio e lo gestisco come voglio’, altra e conseguente aberrazione neoliberale e fintamente libertaria. In realtà il corpo non è nostro, perché è ricevuto in una relazione unica di cui rendere conto, proprio come il tempo, i soldi e la politica. Solo all’interno di una relazione esso si porta a compimento, non privatizzandolo. Anche quelle sono caricature di libertà.

Le stesse che hanno condotto, mentre scrivo, all’efferato delitto di tre persone a Nizza, in chiesa e nei dintorni. Caricature drammatiche che il grido che sembra aver accompagnato i delitti rende ancora più osceno. Allah Akbar, hanno applicato quanti hanno rapito e detenuto per oltre due anni l’amico Pierluigi Maccalli, minacciando di mettergli una pallottola in testa se non si convertiva alla loro verità. Anche quella è una caricatura e forse tra le peggiori, perché è attribuita a Dio, immaginando che uccidere una persona, peggio ancora in un luogo di culto, sia renderlo più grande. Ad ognuno le caricature che si merita.

La caricatura, recita il dizionario, è un disegno di solito a carattere umoristico o satirico che rappresenta una persona, ‘caricandone’ alcuni tratti caratteristici. Perché dunque non chiamare per nome le caricature che si fanno della politica nel Sahel come altrove, quando quest’ultima è legata al ‘ventre’, al despotismo, all’arricchimento sfacciato di élite che si proteggono e perpetuano, come una mafia ben rodata.

Le elezioni, che della democrazia e della politica sono un passaggio ineludibile, diventano l’occasione per allungare la lista dei morti, prima, durante e dopo la competizione elettorale. Le elezioni sono caricaturali e così il numero abnorme di partiti che nascono, crescono e sviluppano all’ombra del potere. Caricatura di società civile sono quelle Ong che, frutto di contrabbando di idee e di mezzi, sviliscono la portata sovversiva che dovrebbe caratterizzare chi lotta perché i poveri trovino il posto che a loro conviene. Così come chi, giustamente, si scandalizza per le vignette stampate in giornali venduti al potere e tace quando la persona umana è sfigurata dalla fame, la miseria, la malattia e l’ingiustizia.

Si guarda altrove mentre nel Sahel si uccide la scuola, gli insegnanti e il diritto all’istruzione. Quando si parla e si fa la pubblicità della sola Covid 19 e si usano come elemento meramente statistico le centinaia di bambini morti di malaria e di stenti, questa non è che una lugubre caricatura per mantenere il popolo in schiavitù. Ad ognuno la libertà che si merita.