Società

“I bambini sono sempre gli ultimi”, le sconfitte della società rispetto all’infanzia secondo Daniele Novara

Il pedagogista piacentino: “La rinuncia educativa sembra essere una sorta di profonda combinazione tra la paura dei genitori rispetto alle proprie responsabilità e la stanchezza della scuola nel momento in cui si dovrebbe impegnare in favore di quegli alunni che proprio più di altri hanno bisogno di aiuto”

“Le istituzioni si stanno dimenticando dei bambini”. A suonare il campanello d’allarme è il pedagogista Daniele Novara, fondatore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. Un SOS lanciato attraverso il suo ultimo libro dall’eloquente titolo I bambini sono sempre gli ultimi (Rizzoli), uscito in questi giorni nelle librerie. In 200 pagine il pedagogista piacentino con piglio giornalistico e per nulla accademico, guida una riflessione sulle sconfitte della politica, della scuola, dei genitori e degli educatori rispetto all’infanzia.

Novara, senza peli sulla lingua, parte dall’attualità ricordando a tutti come nel Comitato tecnico scientifico istituto per l’emergenza sanitaria, non ci sia alcuna presenza di tecnici né scolastici né di area infantile o adolescenziale. Una dimenticanza che la dice lunga sulla priorità che hanno i più piccoli nell’agenda politica: “Abbiamo perso – scrive Novara – i bambini, ossia i bambini sono usciti dall’immaginario collettivo, perdendo la loro rilevanza sociale”.

Una frase accompagnata dai fatti. C’è una data che divide il tempo in un due momenti: è il 1997. In quegli anni c’era stata una grande attenzione per l’infanzia grazie alla Legge 285: “Questo provvedimento – spiega lo scrittore – per la promozione dei diritti e delle opportunità per l’infanzia e l’adolescenza fu molto studiato anche a livello europeo e mondiale, perché rimetteva l’Italia al centro dell’interesse internazionale con una norma decisamente forte, che destinava risorse economiche significative a tutte le realtà territoriali che avessero prodotto progetti a favore dei diritti dei bambini”.

Erano gli anni delle “città dei bambini”, dei consigli comunali dei ragazzi, del boom delle adozioni. Poi “i cortili sono diventati parcheggi” , si è perso lo spazio per giocare e l’Italia è cambiata anche antropologicamente. La denuncia di Novara è sostenuta da numeri, dati: quasi una donna su quattro nel nostro Paese non ha figli. Sul piano delle adozioni nazionali si è passati dal picco di 16.538 nel 2006 alle 8793 domande nel 2017. L’Italia è cambiata e con essa la scuola. All’istruzione il pedagogista dedica un’amplia parte del libro partendo da un’affermazione coraggiosa: “C’era una volta il bambino difficile a scuola ora c’è la diagnosi neuropsichiatrica”.

Novara torna su un tema a lui caro: “La rinuncia educativa sembra essere una sorta di profonda combinazione tra la paura dei genitori rispetto alle proprie responsabilità e la stanchezza della scuola nel momento in cui si dovrebbe impegnare in favore di quegli alunni che proprio più di altri hanno bisogno di aiuto”.

E a proposito di scuola, finalmente qualcuno parla delle Mad ovvero messa a disposizione: “A un certo punto – scrive Novara – poiché le scuole non hanno più insegnanti a cui attingere dalle graduatorie ufficiali aprono ai Mad ovvero persone che si mettono a disposizione delle scuole con titoli più o meno adeguati e pertinenti”.

Ma non mancano le proposte in questo libro. L’ultimo capitolo è dedicato proprio a nove idee “per una nuova alleanza fra le generazioni e per restituire il futuro ai bambini”: la creazione di un presidio pedagogico in ogni scuola; forme di sostegno psicologico alle mamme che hanno avuto un parto critico; rendere l’adozione più semplice; un bonus pedagogico per i genitori; un sostegno economico per le famiglie che hanno figli; nidi e scuole dell’infanzia gratuiti; scuola dell’infanzia obbligatoria; sostenere la professionalità dei docenti e destinare spazi ai ragazzi”.