Medici di base e direttori delle Asl locali lanciano l'allarme sulla situazione di emergenza in diverse zone: "La distribuzione di tamponi era stata calcolata sulla base del numero di contagi - fanno sapere dalla Regione - Ma nell’Asl di Avezzano-Sulmona-L’Aquila, che conta 295mila abitanti, rispetto al mese di settembre i positivi sono schizzati del 400%". E scarseggiano anche i vaccini antinfluenzali
“Un caso sospetto di Covid per fare un tampone aspetta in media una settimana e poi anche fino a dieci giorni per avere l’esito. Io non faccio che sollecitare l’Asl ma ci dicono che ci sono carenze di bastoncini”. Sono le otto di sera di venerdì 30 ottobre. Luciano Lippa, medico di base ad Avezzano, in provincia dell’Aquila, è ancora nel suo studio, intento a rispondere agli oltre cento messaggi su Whatsapp, “e perfino su Telegram!” esclama, ricevuti dai suoi assistiti durante la giornata. Oltre alle decine di mail che ha già visualizzato con le consuete richieste di visite, farmaci e naturalmente tamponi.
“I pazienti vanno nel panico, oggi ho risposto a 120 chiamate al telefono, mi dice come facciamo ad andare avanti così?”, sospira. Il direttore della prevenzione dell’Asl di Avezzano-Sulmona-L’Aquila è preoccupato ma non si dispera. “Abbiamo avuto un’escalation di contagi terribile e i tamponi non bastavano. L’altro ieri la Protezione civile ce ne ha consegnati 4mila, sufficienti per due o tre giorni. Lunedì vedremo che succede”.
Dalla Regione Abruzzo spiegano che “la distribuzione di tamponi era stata calcolata sulla base del numero di contagi” e che “nell’Asl di Avezzano-Sulmona-L’Aquila, che conta 295mila abitanti, rispetto al mese di settembre i positivi sono schizzati del 500%, passando da 631 a 3mila”. Ragion per cui si sono verificati dei rallentamenti. Proprio oggi la Regione ha comunicato di aver concluso una gara per l’acquisto di 2,3 milioni di tamponi che verranno consegnati a partire dalla prossima settimana. “Alcuni operatori hanno preso il Covid e non riusciamo ad aggiornare tempestivamente la piattaforma dell’Iss, siamo in ritardo di due giorni nella compilazione dei dati per il monitoraggio, ma in queste condizioni è inevitabile”, dichiara il direttore della prevenzione.
Domenico Valletta è il medico di un piccolo comune aquilano di 3.400 abitanti, Balsorano, ai confini con il Lazio, e alle dieci di sera ha appena finito il giro di visite a domicilio. “Ho tre pazienti che aspettano il tampone dal 20 ottobre, altri cinque dal 22 ottobre – racconta – Se provo ad attivare le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca) è inutile, la richiesta non viene neanche considerata perché sono oberate di lavoro. E poi sono senza strumenti diagnostici. Se avessero un ecografo portatile potrebbero almeno capire se il paziente ha una polmonite in corso evitando tanti giri in ospedale”.
Valletta, anche lui della Società italiana di Medicina Generale (Simg), solleva un’altra questione che tocca i piccoli borghi come Balsorano. “Con l’ultima circolare del ministero della Salute che toglie l’obbligo del tampone per i contatti stretti asintomatici di un caso positivo, mettendoli in quarantena per almeno 10 giorni, qui si rischia il lockdown totale senza la garanzia dei servizi necessari – spiega – Abbiamo tre bar, di cui uno già chiuso, tre negozi di alimentari e una farmacia. Chi gestisce queste attività potrebbe presto diventare un contatto stretto, finire in isolamento e chiudere l’esercizio. E poi?”. I vaccini antinfluenzali, altro dramma. “Mi sono arrivate solo 70 dosi, ma ne dovrei somministrare 400”. La Asl Rfa sapere che entro la metà di novembre è previsto l’arrivo di una seconda tranche.