La giustizia civile aveva fatto passi avanti grazie all’emergenza. Ma ora rischia di tornare indietro
Non tutti gli effetti primari o secondari del Covid-19 sono negativi, o addirittura disastrosi. In taluni limitati casi, in certi particolari settori, si sono registrate delle conseguenze paradossalmente positive. Parliamo, per esempio, dell’universo “giustizia” e, per la precisione, del “pianeta” della giustizia civile.
Come arcinoto, uno dei problemi endemici in materia è rappresentato, in generale, dalla lunghezza e dalla lentezza dei processi. Più in particolare, tutti gli operatori del settore – in primis, ovviamente, gli avvocati – sanno bene che non solo sono “lenti” e “lunghi” i procedimenti civili, sono anche lentissime e lunghissime le mattinate trascorse nell’asfittica anticamera di un’aula o nell’angusto corridoio di accesso alla stanza del magistrato di turno.
Laddove clienti, difensori, testimoni si accalcano in paziente attesa del dipanarsi degli eventi. O, per meglio dire, della “chiama” dei processi: una quantità di cause fissate tutte lo stesso giorno, tutte alla stessa ora, tutte nello stesso luogo. E che si svolgono, nella migliore delle ipotesi, seguendo l’ordine del cosiddetto “ruolo generale”; nella peggiore, in base all’atavico principio secondo cui chi prima arriva meglio alloggia, mentre gli altri si mettono in coda.
Con una precisazione doverosa e di “non poco momento”, come usa dire in gergo legale per indicare le cose di non lieve importanza: sovente, tali udienze si riducono a due-minuti-due di botta e risposta in cui vengono verbalizzate frasi di “quattro” parole tipo: “si precisano le conclusioni come in atti”; oppure: “si insiste per l’accoglimento delle istanze”.
Ebbene, tutto ciò avveniva in Italia nel periodo che potremmo definire a.C.: ante Covid. Oggi, invece – nell’era pandemica e venuta meno l’iniziale sospensione di ogni attività processuale – gli avvocati civilisti si sono risvegliati in un mondo nuovo. Un mondo che non rassomiglia affatto a quello precedente e che, per tanti aspetti, sembra miracolosamente migliorato.
Giunti all’appuntamento con il giudice, ci si trova di fronte a uno scenario capovolto: dal pieno (di locali gremiti) al vuoto (di stanze spopolate), dal caos vociferante di prima al silenzio ordinato di adesso, dal pressappochismo di un orario (quasi) mai rispettato alla puntualità svizzera dell’ora stabilita.
A questo punto, due considerazioni si impongono. Una riguarda il passato, un’altra il futuro. Da un lato, infatti, ci si dovrebbe chiedere perché ora funziona un sistema così “civile”, logico e razionale di organizzare, e tenere, i processi; e perché, invece, “prima” ciò non accadeva. Attribuire questa “magia” alle esigenze precauzionali e di distanziamento sociale imposte dall’epidemia significa solo ammettere la pretestuosità degli alibi finora accampati per giustificare i disagi. Tipo: non abbiamo tempo, non abbiamo risorse, non si può fare altrimenti.
I fatti di oggi dimostrano proprio il contrario. Evidentemente, il tempo e le risorse c’erano anche prima giacché la situazione attuale non è frutto di nuovi stanziamenti, ma solo di un diverso, e più efficiente, approccio organizzativo.
Veniamo ora alla seconda considerazione, quella rivolta all’avvenire: ma è mai possibile che – nell’epoca dello streaming permanente, dello smartworking universale, di Zoom, di Skype, delle videocall di Whatsapp – i processi debbano svolgersi secondo l’unità di tempo, di luogo e di azione di aristotelica memoria? E cioè che un avvocato di Venezia sia costretto a farsi tre o quattro ore di macchina o di treno per andare a Milano o a Torino (o viceversa), magari solo per pronunciare le frasi di circostanza di cui sopra?
In realtà, la giustizia ai tempi del Coronavirus ha dimostrato come queste arcaiche e farraginose modalità di espletamento delle tipiche attività forensi non siano, nella più gran parte dei casi, necessarie. Basta connettersi a una piattaforma on line e il gioco è fatto: i giudici e gli avvocati si vedono e si parlano, in diretta; gli uni avanzano istanze, formulano eccezioni, perorano ragioni, gli altri manifestano indirizzi, prendono decisioni, emettono ordinanze.
Prevengo l’obiezione: per il resto del mondo è la norma. Lo so, ma vi assicuro che, per il mondo della giustizia civile, ha costituito una innovazione “rivoluzionaria” la possibilità di tenere udienze “da remoto” introdotta dall’art. 83, c. 7, lett. f del DL 28/2000 convertito in Legge 27/2020.
Eppure, dopo la tempesta della scorsa primavera, le resistenze a questa novità sono state fortissime e si è tornati indietro. Ciò che dovrebbe costituire la (lodevole) norma è derubricato al rango di (fastidiosa) eccezione. È come se la giustizia italiana stesse aspettando la fine dell’emergenza per ri-precipitare definitivamente nei suoi vizi secolari e nei suoi ritmi ottocenteschi. Sarà compito anche e soprattutto della classe forense fare in modo che ciò non accada.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.
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Francesco Carraro
Avvocato e scrittore
Giustizia & Impunità - 2 Novembre 2020
La giustizia civile aveva fatto passi avanti grazie all’emergenza. Ma ora rischia di tornare indietro
Non tutti gli effetti primari o secondari del Covid-19 sono negativi, o addirittura disastrosi. In taluni limitati casi, in certi particolari settori, si sono registrate delle conseguenze paradossalmente positive. Parliamo, per esempio, dell’universo “giustizia” e, per la precisione, del “pianeta” della giustizia civile.
Come arcinoto, uno dei problemi endemici in materia è rappresentato, in generale, dalla lunghezza e dalla lentezza dei processi. Più in particolare, tutti gli operatori del settore – in primis, ovviamente, gli avvocati – sanno bene che non solo sono “lenti” e “lunghi” i procedimenti civili, sono anche lentissime e lunghissime le mattinate trascorse nell’asfittica anticamera di un’aula o nell’angusto corridoio di accesso alla stanza del magistrato di turno.
Laddove clienti, difensori, testimoni si accalcano in paziente attesa del dipanarsi degli eventi. O, per meglio dire, della “chiama” dei processi: una quantità di cause fissate tutte lo stesso giorno, tutte alla stessa ora, tutte nello stesso luogo. E che si svolgono, nella migliore delle ipotesi, seguendo l’ordine del cosiddetto “ruolo generale”; nella peggiore, in base all’atavico principio secondo cui chi prima arriva meglio alloggia, mentre gli altri si mettono in coda.
Con una precisazione doverosa e di “non poco momento”, come usa dire in gergo legale per indicare le cose di non lieve importanza: sovente, tali udienze si riducono a due-minuti-due di botta e risposta in cui vengono verbalizzate frasi di “quattro” parole tipo: “si precisano le conclusioni come in atti”; oppure: “si insiste per l’accoglimento delle istanze”.
Ebbene, tutto ciò avveniva in Italia nel periodo che potremmo definire a.C.: ante Covid. Oggi, invece – nell’era pandemica e venuta meno l’iniziale sospensione di ogni attività processuale – gli avvocati civilisti si sono risvegliati in un mondo nuovo. Un mondo che non rassomiglia affatto a quello precedente e che, per tanti aspetti, sembra miracolosamente migliorato.
Giunti all’appuntamento con il giudice, ci si trova di fronte a uno scenario capovolto: dal pieno (di locali gremiti) al vuoto (di stanze spopolate), dal caos vociferante di prima al silenzio ordinato di adesso, dal pressappochismo di un orario (quasi) mai rispettato alla puntualità svizzera dell’ora stabilita.
A questo punto, due considerazioni si impongono. Una riguarda il passato, un’altra il futuro. Da un lato, infatti, ci si dovrebbe chiedere perché ora funziona un sistema così “civile”, logico e razionale di organizzare, e tenere, i processi; e perché, invece, “prima” ciò non accadeva. Attribuire questa “magia” alle esigenze precauzionali e di distanziamento sociale imposte dall’epidemia significa solo ammettere la pretestuosità degli alibi finora accampati per giustificare i disagi. Tipo: non abbiamo tempo, non abbiamo risorse, non si può fare altrimenti.
I fatti di oggi dimostrano proprio il contrario. Evidentemente, il tempo e le risorse c’erano anche prima giacché la situazione attuale non è frutto di nuovi stanziamenti, ma solo di un diverso, e più efficiente, approccio organizzativo.
Veniamo ora alla seconda considerazione, quella rivolta all’avvenire: ma è mai possibile che – nell’epoca dello streaming permanente, dello smartworking universale, di Zoom, di Skype, delle videocall di Whatsapp – i processi debbano svolgersi secondo l’unità di tempo, di luogo e di azione di aristotelica memoria? E cioè che un avvocato di Venezia sia costretto a farsi tre o quattro ore di macchina o di treno per andare a Milano o a Torino (o viceversa), magari solo per pronunciare le frasi di circostanza di cui sopra?
In realtà, la giustizia ai tempi del Coronavirus ha dimostrato come queste arcaiche e farraginose modalità di espletamento delle tipiche attività forensi non siano, nella più gran parte dei casi, necessarie. Basta connettersi a una piattaforma on line e il gioco è fatto: i giudici e gli avvocati si vedono e si parlano, in diretta; gli uni avanzano istanze, formulano eccezioni, perorano ragioni, gli altri manifestano indirizzi, prendono decisioni, emettono ordinanze.
Prevengo l’obiezione: per il resto del mondo è la norma. Lo so, ma vi assicuro che, per il mondo della giustizia civile, ha costituito una innovazione “rivoluzionaria” la possibilità di tenere udienze “da remoto” introdotta dall’art. 83, c. 7, lett. f del DL 28/2000 convertito in Legge 27/2020.
Eppure, dopo la tempesta della scorsa primavera, le resistenze a questa novità sono state fortissime e si è tornati indietro. Ciò che dovrebbe costituire la (lodevole) norma è derubricato al rango di (fastidiosa) eccezione. È come se la giustizia italiana stesse aspettando la fine dell’emergenza per ri-precipitare definitivamente nei suoi vizi secolari e nei suoi ritmi ottocenteschi. Sarà compito anche e soprattutto della classe forense fare in modo che ciò non accada.
www.francescocarraro.com
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Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.