Tutto rinviato a martedì, quando i nuovi dati sul monitoraggio settimanale dell’andamento del coronavirus nel nostro Paese (anticipati di un giorno rispetto al normale calendario) saranno analizzati dal Comitato tecnico scientifico per verificare gli eventuali effetti sulla curva legati alle ultime restrizioni. È a quel punto che la bozza del nuovo dpcm verrà messa definitivamente a punto e trasmessa agli enti locali: non si sa ancora se rappresentanti di Regioni, Anci e Unione delle Province verranno nuovamente convocati oppure se il testo verrà inoltrato ai presidenti per le osservazioni. Subito dopo, toccherà al presidente del Consiglio firmare il provvedimento. I contenuti sembrano più o meno delineati: si ragiona su tre aree di rischio in cui dividere il Paese, su eventuali nuove restrizioni per bar e ristoranti, su un coprifuoco nazionale alle 21 e sullo stop alla mobilità regionale. Ma tra governo e Regioni restano le divisioni, con i governatori decisi a chiedere “misure nazionali” anziché i lockdown mirati su cui ministri ed esperti insistono da giorni.

La giornata è iniziata con un primo round mattutino tra Palazzo Chigi e i presidenti di Regione al quale hanno partecipato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Poi il premier si è spostato a Montecitorio e a Palazzo Madama per le sue comunicazioni sul dpcm, seguite dai rispettivi dibattiti con le forze di maggioranza e opposizione. Inizialmente sembrava che il testo potesse essere approvato in serata, ma con la convocazione del Cts prevista per domani l’ipotesi sembra essere tramontata. Il motivo è che i governatori continuano a spingere per introdurre dei paletti nazionali uniformi, anziché prevedere delle chiusure mirate nei territori. Distanze che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva tentato di colmare – facendo appello all’unità – in un colloquio con il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, e il suo vice Giovanni Toti. Entrambi, ma in maniera più accentuata il presidente emiliano, hanno detto di condividere l’appello del capo dello Stato. Quella dei lockdown locali è la parte più dibattuta, perché inciderebbe maggiormente sulla vita delle persone che vivono nelle zone interessate. Si va da bar e ristoranti chiusi anche a pranzo allo smart working nella Pubblica amministrazione. “In questa fase il dialogo, il confronto e la concertazione tra governo e le Regioni sono cruciali”, ha affermato Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts).

Ma le divisioni non mancano anche all’interno della maggioranza. Come per l’orario del coprifuoco nazionale che verrà introdotto con il dpcm: in particolare è Italia Viva a dirsi contraria alla serrata prima dell’ora di cena e insiste sulla necessità di lasciare i ristoranti aperti anche la domenica. L’orientamento, tramontata l’ipotesi delle 18, è quello delle 21 che salverebbe i regolari orari di apertura dei negozi. Tra le misure previste ci sono pure la chiusura dei musei, ma anche quella dei centri commerciali almeno nel weekend, giorni di maggior afflusso. Nel Pd c’è poi chi inizia a perdere la pazienza di fronte ad uno stallo che rallenta il varo del nuovo provvedimento, mentre la curva dei contagi continua a correre. A chiedere che la situazione si sblocchi è il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio che chiama in causa direttamente Conte: “Signor presidente, lei si è assunto la responsabilità di fare alcune proposte oggi. Noi vorremmo anche che ci fosse un ulteriore scatto di responsabilità: se le regioni non saranno in grado di fare le scelte che la salute dei cittadini richiede, lo Stato si prenda la responsabilità di farlo in loro vece”.

È proprio questa la direzione che starebbe prendendo il dpcm: ad inserire ciascuna Regione in una delle tre aree di rischio (con relative norme restrittive) sarà proprio il ministero della Salute con un’ordinanza ad hoc. Idea che non piace al governatore del Veneto Luca Zaia, il quale ha bollato come “interlocutorio” l’incontro avvenuto con Conte in mattinata, preannunciando un nuovo round in nottata dopo le conclusioni dei lavori parlamentari. “È stato fatto un confronto su due linee: il governo che dice una roba minima poi il problema va gestito a livello regionale, poi c’è chi dice che c’è un’attività minima su cui il governo ha il dovere di decidere. Il governo ci ha abituato ai Dpcm, alla luce di tutto questo, le misure che vanno oltre i confini regionali vadano prese a livello nazionale”, ha concluso. “Siamo pronti a dar corso a tutte le restrizioni ma non per le attività produttive”, ha sottolineato Zaia. “Mi sembra di capire – ha aggiunto – che a Roma aspettano la discussione in Parlamento, poi prima di notte ci sarà una nuova convocazione di Comuni, Province e Regioni, dopodiché cercheremo di capire quale sarà la proposta del Governo. In questo momento non intravvediamo soluzioni con lockdown stile marzo – ha concluso – Non ci sono i presupposti”. La pensa così anche il presidente lombardo Attilio Fontana, secondo cui il modello di aree di rischio delineato dall’esecutivo “non coincide con quanto richiesto dalla Conferenza delle Regioni secondo cui non bisognava differenziare i provvedimenti tra territori e territori, ma agire con scelte di carattere nazionale. Richiesta, questa, a oggi, non accolta dall’esecutivo”.

Tra i presidenti, nonostante la sollecitazione di Mattarella, continuano quindi i distinguo. Il governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio si dice “perplesso” in merito all’intenzione dell’esecutivo di evitare spostamenti da e per le Regioni con elevati coefficienti di rischio. “Ci sono regioni che non hanno questo alto rischio e si trovano circondate, invece, da regioni con alto rischio”, afferma il governatore abruzzese. “La posizione delle regioni è chiara – conclude Marsilio – nel quadro attuale misure da intraprendere hanno un senso se sono omogenee su tutto il territorio nazionale”. Favorevole invece sul cucire le misure all’indice Rt si è detto il presidente della Toscana Eugenio Giani: “Il governo italiano, e io condivido, ha fatto una scelta, quella di arrivare a limitare i movimenti con misure mirate per garantire comunque che scuola e lavoro vi possano essere”. È “evidente” – ha aggiunto – che nel Dpcm ci saranno anche delle “previsioni di possibili lockdown locali” che “saranno presi sulla base di valori il più possibile oggettivi”. E ha quindi spiegato: “In Toscana siamo a 1,40, però ci sono naturalmente delle realtà in cui l’1,50 lo superano, e valuteremo i parametri che vengono dati perché possano essere assunte misure”.

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