Pandemia, Iran, Libia, Biden. Sono gli ingredienti che stanno annacquando il petrolio, oggi di nuovo in calo sui mercati. A Londra un barile di brent, il petrolio estratto nel mare del Nord che funge da riferimento per gli scambi europei, si vende a 37$ , il 2% in meno rispetto a ieri e il 40% in meno di un anno fa. Il petrolio statunitense WTI scende del 6% a 33,6 dollari. A spingere verso il basso il petrolio è un insieme di fattori. Il primo è naturalmente il rallentamento economico indotto dalla pandemia che ha causato un calo della domanda del 30% negli ultimi mesi. L’Opec (organizzazione che riunisce gran parte dei principali paesi produttori) stima che il 2020 si chiuderà con una domanda media di 90 milioni di barili al giorno, circa il 10% in meno rispetto al 2019. Ma, soprattutto, vacillano le previsioni dell’organizzazione per una ripresa dei consumi nei mesi invernali.
Contribuisce a deprimere i prezzi anche la ripresa della produzione in Libia. Significa più petrolio sul mercato e quindi offerta ancora più abbondante, a fronte di una domanda stagnante. Nel paese nordafricano sono stati rimessi in funzione impianti fermi da otto mesi, a causa degli scontri armati tra diverse fazioni. La produzione è così risalita a 680mila barili al giorno, quasi 200mila in più rispetto all’ inizio di ottobre. Come in tutti i mercati, anche su quello del greggio si fanno poi sentire attesa e tensioni per le elezioni statunitensi. Una vittoria del candidato democratico Joe Biden potrebbe ammorbidire l’atteggiamento della Casa Bianca nei confronti dell’Iran. Teheran avrebbe quindi la possibilità di aumentare la quantità di greggio che vende sui mercati provocando un ulteriore incremento dell’offerta di barili.
Nella sua caduta il petrolio inizia a trascinare con se le monete che ad esso sono più legate. Oggi il rublo russo ha roccato il cambio più basso nei confronti dell’euro dal 2014. Un euro si scambia l momento con 93,8 rubli, un dollaro con 80,7. Mosca ottiene circa il 60% delle sue entrare dalla vendita di petrolio e gas (i cui prezzi sono in una certa misura agganciati a quelli del greggio). Il paese ha bisogno che il greggio venga venduto ad almeno 49 dollari al barile per mantenere in equilibrio le sue finanze.