“Siamo al collasso”, “il calcio rischia il default”, “il governo ci dia una mano”. Da una settimana la Serie A grida aiuto a gran voce. O meglio batte cassa, perché i tanti appelli lanciati attraverso il megafono mediatico altro non sono che un tentativo di ottenere un po’ di soldi. Meno tasse, per la precisione: i presidenti, che già non stanno pagando gli stipendi, non vorrebbero versare nemmeno le ritenute Irpef sugli ingaggi, sempre più insostenibili per i conti dei club. Solo un rinvio di qualche mese, poi si vedrà. Ma perché lo Stato dovrebbe pagare per i “buchi” di Agnelli &C.? Perché noi cittadini dovremmo aiutare un sistema che continua a spendere e spandere, non è in grado di riformarsi, e per altro ha il privilegio di poter lavorare mentre gli altri chiudono? Probabilmente se lo chiedono pure a Palazzo Chigi, dove hanno ben altri problemi che fare un favore al pallone da centinaia di milioni.
I presidenti della Serie A non si smentiscono. Da settimane avevano in mente di bussare alla porta del governo, il precipitare della situazione sanitaria ha fornito l’occasione giusta: non appena hanno capito che si stava preparando un provvedimento economico, Lega e Figc hanno subito inviato una lettera per provare ad infilarsi dentro il “decreto Ristori”. “Il calcio è una grande industria e merita di essere considerata come le altre”, dicono. Ma rispetto agli altri c’è una differenza: la Serie A è tra le pochissime attività a cui per ora è concesso di continuare a giocare, mentre quasi tutti gli altri, ristoranti, negozi, palestre, sono costretti a chiudere.
È vero, anche il pallone deve rinunciare a tanto. Al pubblico, innanzitutto, ed è questa la rivendicazione dei presidenti. Ma i ricavi da stadio perduti secondo la stessa Figc rappresentano in media solo il 10% delle entrate di un club, possono anche raddoppiare aggiungendo l’indotto, ma certo non valgono quanto gli stipendi, che ammontano a oltre il 50% delle uscite. L’aiuto richiesto sembra sproporzionato rispetto alle perdite effettivamente subite. Anche altri settori hanno avuto riaperture contraddistinte da pesanti riduzioni del fatturato a causa delle restrizioni, ma non hanno beneficiato di nulla di simile. La solita furbata da pallonari, insomma. Che per lo Stato rappresenterebbe un vero e proprio salasso: per quattro mesi di Irpef parliamo di circa 200 milioni di euro di tasse, considerando che il calcio produce un gettito fiscale di oltre un miliardo, di cui il 50% da ritenute sui salari. Non a caso la proposta per il momento è stata rispedita al mittente, con la promessa di valutare più in là altre misure (possibilmente meno costose).
L’allarme è sincero, non ne dubitiamo: molti club sono davvero alla canna del gas. È la ragione per cui la Lega vuole vendere un pezzo di campionato a fondi privati stranieri, nella speranza di fare cassa. Progetto discutibile, ma se la Serie A è libera di fare ciò che vuole col proprio patrimonio (anzi, non è nemmeno detto che sia così: bisogna vedere cosa ne penserà la Figc, e le varie autorità), diverso è se si parla delle tasse da versare, e quindi della collettività. Anche perché il calcio italiano non ha nemmeno fatto nulla per meritarsi questo aiuto da parte dello Stato. Il pallone rischia il crack per colpa del Coronavirus, degli oltre 100 milioni non ancora incassati da Sky, degli stadi chiusi, ma anche e soprattutto del vizio di spendere più di quanto incassa, in particolare in stipendi, lievitati a dismisura mentre non aumentavano di pari passo i ricavi. Il sistema era già in crisi da tempo, il Coronavirus gli ha solo dato l’ultima spintarella verso il baratro. Oggi i presidenti piangono miseria, dicono di non avere più soldi per pagare stipendi e tasse, ma quest’estate hanno comunque fatto calciomercato, acquisti milionari, ingaggi faraonici, plusvalenze più o meno discutibili. È un po’ come la favola della cicala e la formica. Solo che al calcio italiano non è ancora passata la voglia di cantare.
Twitter: @lVendemiale
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Serie A, il calcio batte cassa e non vuole pagare le tasse a causa del Covid. Ma perché dovremmo pagare noi i ‘buchi’ di Agnelli&Co.?
I presidenti, che già non stanno pagando gli stipendi, non vorrebbero versare nemmeno le ritenute Irpef sugli ingaggi, sempre più insostenibili per i conti dei club. Ma perché lo Stato dovrebbe pagare per i “buchi” di Agnelli &C.? Perché noi cittadini dovremmo aiutare un sistema che continua a spendere e spandere, non è in grado di riformarsi, e per altro ha il privilegio di poter lavorare mentre gli altri chiudono?
“Siamo al collasso”, “il calcio rischia il default”, “il governo ci dia una mano”. Da una settimana la Serie A grida aiuto a gran voce. O meglio batte cassa, perché i tanti appelli lanciati attraverso il megafono mediatico altro non sono che un tentativo di ottenere un po’ di soldi. Meno tasse, per la precisione: i presidenti, che già non stanno pagando gli stipendi, non vorrebbero versare nemmeno le ritenute Irpef sugli ingaggi, sempre più insostenibili per i conti dei club. Solo un rinvio di qualche mese, poi si vedrà. Ma perché lo Stato dovrebbe pagare per i “buchi” di Agnelli &C.? Perché noi cittadini dovremmo aiutare un sistema che continua a spendere e spandere, non è in grado di riformarsi, e per altro ha il privilegio di poter lavorare mentre gli altri chiudono? Probabilmente se lo chiedono pure a Palazzo Chigi, dove hanno ben altri problemi che fare un favore al pallone da centinaia di milioni.
I presidenti della Serie A non si smentiscono. Da settimane avevano in mente di bussare alla porta del governo, il precipitare della situazione sanitaria ha fornito l’occasione giusta: non appena hanno capito che si stava preparando un provvedimento economico, Lega e Figc hanno subito inviato una lettera per provare ad infilarsi dentro il “decreto Ristori”. “Il calcio è una grande industria e merita di essere considerata come le altre”, dicono. Ma rispetto agli altri c’è una differenza: la Serie A è tra le pochissime attività a cui per ora è concesso di continuare a giocare, mentre quasi tutti gli altri, ristoranti, negozi, palestre, sono costretti a chiudere.
È vero, anche il pallone deve rinunciare a tanto. Al pubblico, innanzitutto, ed è questa la rivendicazione dei presidenti. Ma i ricavi da stadio perduti secondo la stessa Figc rappresentano in media solo il 10% delle entrate di un club, possono anche raddoppiare aggiungendo l’indotto, ma certo non valgono quanto gli stipendi, che ammontano a oltre il 50% delle uscite. L’aiuto richiesto sembra sproporzionato rispetto alle perdite effettivamente subite. Anche altri settori hanno avuto riaperture contraddistinte da pesanti riduzioni del fatturato a causa delle restrizioni, ma non hanno beneficiato di nulla di simile. La solita furbata da pallonari, insomma. Che per lo Stato rappresenterebbe un vero e proprio salasso: per quattro mesi di Irpef parliamo di circa 200 milioni di euro di tasse, considerando che il calcio produce un gettito fiscale di oltre un miliardo, di cui il 50% da ritenute sui salari. Non a caso la proposta per il momento è stata rispedita al mittente, con la promessa di valutare più in là altre misure (possibilmente meno costose).
L’allarme è sincero, non ne dubitiamo: molti club sono davvero alla canna del gas. È la ragione per cui la Lega vuole vendere un pezzo di campionato a fondi privati stranieri, nella speranza di fare cassa. Progetto discutibile, ma se la Serie A è libera di fare ciò che vuole col proprio patrimonio (anzi, non è nemmeno detto che sia così: bisogna vedere cosa ne penserà la Figc, e le varie autorità), diverso è se si parla delle tasse da versare, e quindi della collettività. Anche perché il calcio italiano non ha nemmeno fatto nulla per meritarsi questo aiuto da parte dello Stato. Il pallone rischia il crack per colpa del Coronavirus, degli oltre 100 milioni non ancora incassati da Sky, degli stadi chiusi, ma anche e soprattutto del vizio di spendere più di quanto incassa, in particolare in stipendi, lievitati a dismisura mentre non aumentavano di pari passo i ricavi. Il sistema era già in crisi da tempo, il Coronavirus gli ha solo dato l’ultima spintarella verso il baratro. Oggi i presidenti piangono miseria, dicono di non avere più soldi per pagare stipendi e tasse, ma quest’estate hanno comunque fatto calciomercato, acquisti milionari, ingaggi faraonici, plusvalenze più o meno discutibili. È un po’ come la favola della cicala e la formica. Solo che al calcio italiano non è ancora passata la voglia di cantare.
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - È già un caso che un condannato, sia pur in primo grado, occupi un ruolo di sottosegretario alla Giustizia, ma ora le parole di Delmastro pongono un problema serio al Governo e al Paese intero. Dall’interno viene criticata una delle pessime riforme portate avanti con protervia dalla maggioranza. Come fa a restare al suo posto? Cosa dice la premier Meloni? Le parole di Delmastro sono gravi anche perché ci fanno conoscere le vere intenzioni del Governo, quelle che andiamo denunciando da mesi: assoggettare il potere giudiziario al controllo dell’Esecutivo. E questo è inaccettabile. Dopo la smentita che non smentisce, la registrazione dell’intervista, Meloni deve pretendere che Delmastro lasci l’incarico". Lo afferma Così Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Giovedì prossimo 20 marzo, alle ore 9, avrà luogo alla Camera l'informativa urgente del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, sui recenti eventi sismici che hanno colpito l'area dei Campi Flegrei e sullo stato di attuazione degli interventi per la popolazione.
Milano, 14 mar. (Adnkronos) - Il Dna di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, indagato per l'omicidio del 13 agosto 2007 a Garlasco, va confrontato con il Dna trovato "sotto le unghie della vittima e con le ulteriori tracce di natura biologica rinvenute sulla scena del crimine". E' quanto ha disposto, con un provvedimento del 6 marzo scorso, la giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli che ha autorizzato il prelievo coattivo della traccia biologica dell'indagato effettuato ieri.