Quel demonio del marketing. Quella viziosa puttana nella pubblicità (Séguéla, è lui che ha detto qualcosa di simile: “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario… Lei mi crede pianista in un bordello“). Senso (e luogo) comune: il marketing e la pubblicità non hanno altro scopo se non vendere, migliorare l’immagine di prodotti e servizi, far affezionare i consumatori. E mica è sbagliato. Gli scopi sono anche questi. Poi c’è il caso in cui il marketing mette insieme guizzo creativo e solidarietà. Burger King, parliamo della catena di fast food. “Ordinate da McDonald’s. Non avremmo mai pensato di chiedervelo. Come non pensavamo mai che vi avremmo incoraggiato a ordinare da KFC, Subway, Domino’s Pizza, Pizza Hut, Five Guys, Greggs, Taco Bell, Papa John’s, Leon, o un altro food store, il cui elenco è troppo lungo da riportare qui“. Così scrive sui social la catena di fast food. “Che sta succedendo?“, per citare un memorabile siparietto sanremese che quasi tutti ricordano. Succede che in Gran Bretagna (come in Italia) c’è la seconda ondata di coronavirus e i conseguenti semi-lockdown. Ecco che allora la catena dice chiaro e forte: “I ristoranti che danno un’occupazione a migliaia di lavoratori hanno bisogno del vostro supporto”. E ci mette un invito (un pay-off) che è “scatto matto”: “Un Whopper è sempre la cosa migliore, ma anche ordinare un Big Mac non è così male“. Zan zan. L’obiettivo è nobile e altamente condivisibile: il settore della ristorazione è piegato, in Gran Bretagna come in Italia. Ma c’è da scommettere che l’invito di Burger King avrà un riscontro positivo sull’immagine di marca del fast food: buoni (in senso lato, e forse pure stretto, se si è appassionati di hamburger), ironici e pronti a fare qualcosa per il bene di un settore, quindi di tanta gente. La pubblicità è una puttana, di buon cuore.
*** (Aspettiamo la contromossa di McDonald’s)