Il tempo continua ad essere galantuomo e lo scrissi anche nei precedenti interventi. Ma per arrivare ad avere conforto anche dalla Giustizia bisogna avere spalle forti e robuste per mantenere intatta la propria carriera lavorativa e la propria vita personale. Il caso relativo alle indagini sulla Fondazione Open è uno dei tanti esempi. Ieri sono uscite le motivazione della Suprema Corte circa l’illegittimità del sequestro operato ai danni di Davide Serra, di cui poco e nulla si troverà nei giornali.

L’indagine, è bene ricordarlo, usciva con grandissimo clamore lo scorso anno in contemporanea con la nascita di Italia Viva. E senza aspettare nessun atto concreto, figuriamoci una sentenza definitiva, i soliti giornali e i soliti indegni noti si affrettavano a subissare di spregevoli offese Matteo Renzi e i suoi legittimi sostenitori.

Ecco, basterebbe invece leggere le motivazione della Cassazione per capire che in Italia ancora esistono le leggi da dover rispettare e il codice di procedura penale che non può essere interpretato dai giornalisti non più ligi al dovere di informazione ma piegati alle esigenze di parte e al livore personale. E per una volta sarebbe utile e culturalmente raccomandabile leggere attentamente quanto scritto dai Giudici della Suprema Corte per evitare di continuare ad esprimere giudizi, o meglio pregiudizi, su persone e fatti.

I motivi del ricorso in Cassazione erano principalmente tre. Il primo, quello centrale, venne proposto per la mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti in relazione al reato di cui all’art. 346 bis codice penale (traffico di influenze). Con il secondo motivo si denunciava la violazione di legge per mancanza o apparenza di motivazione in ordine al nesso di pertinenzialità tra i beni in sequestro e i reati contestati. Con il terzo motivo si contestava la violazione di legge in relazione ai principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza del decreto di perquisizione e sequestro.

La Corte di Cassazione ha considerato validi tutti e tre i motivi ribadendo dei principi giuridici chiari e cristallini che sono stati completamente e gravemente violati nelle indagini sulla Fondazione Open. Nel merito si afferma che “il sequestro probatorio presuppone l’individuazione di un fatto costituente reato, individuato nei suoi tratti essenziali di tempo, luogo e azione e in relazione ad esso la prospettazione a pena di nullità della condotta incriminata, la riconduzione ad una fattispecie incriminata e l’indicazione della relazione intercorrente tra i beni sottoposti a vincolo e l’ipotesi criminosa. In altre parole, la necessità di delineare i tratti della condotta e della fattispecie di reato è strettamente correlata all’esigenza di dar conto del nesso di pertinenzialità con il bene”.

Aggiungendo che: “Nel caso di specie le scarne informazioni fornite, in aggiunta all’assunto di una concomitante attività di finanziamento della Fondazione, non consentono in alcun modo di prospettare il tipo di condotta cui sono correlate le attività investigative, non comprendendosi in che modo il reato sia attribuibile al Carrai o a terzi in relazione ad una mediazione illecita richiesta o all’incarico di remunerare pubblici ufficiali per un atto contrario ai doveri di ufficio, presupposto da commisurare alla fattispecie vigente all’epoca dei fatti”.

Insomma, basterebbe leggere questo passaggio della Suprema Corte per capire che siamo di fronte ad una indagine, nello specifico ad una perquisizione e sequestro, senza il benché minimo presupposto giuridico e fattuale. Ma non basta.

La Corte afferma: “A ben guardare non sono definiti in alcun modo i contorni essenziali della vicenda, che dovrebbe ricondursi ad un traffico di influenze, in assenza del riferimento al tipo di mediazione richiesta o all’individuazione della controprestazione da remunerare e soprattutto in relazione alla determinabilità dei pubblici ufficiali, temi cui sarebbero poi da ricondurre le attività investigative di ricerca della prova, che nel caso di specie risultano invece volte non tanto a trarre conferme di ipotesi ragionevolmente formulate, bensì ad acquisire la vera e propria notizia di reato, dovendosi invero reputare inconsistente sul piano del fumus commissi delicti il mero riscontro di investimenti fatti a favore di una società lussemburghese, il cui oggetto è quello dell’acquisizione di partecipanti”.

È chiaro il quadro che fa emergere la Cassazione? Le indagini e le perquisizioni sulla Fondazione Open sono completamente prive di fondamento giuridico e vi è un modus operandi della magistratura che è veramente preoccupante. Ossia, si fanno perquisizioni e sequestri senza che ci sia neanche un reato astratto ed ipotizzabile ma semplicemente per poi eventualmente contestare qualcosa.

Le motivazioni della Suprema Corte poi accolgono anche i restanti motivi prospettati dal ricorrente Davide Serra. Si evidenzia che il ricorrente è soggetto terzo, rispetto ai reati ipotizzati e non vi è nesso tra l’ipotesi di reato e i beni sequestrati. Ed aggiunge la Corte: “Non essendo di per sé illecito il finanziamento accertato”. Ciò esclude pertanto anche la previsione del reato di finanziamento illecito.

I giudici, concludono asserendo che: “Non è stato spiegato perché fosse rilevante l’apprensione di mail e di supporti informatici in uso al Serra, per approfondire sul piano investigativo un fatto-reato a lui non riconducibile”. E statuisce in via definitiva che: “Deve ribadirsi l’illegittimità di un sequestro avente primari fini esplorativi e volto ad acquisire la notizia di reato in ordine ad un illecito non individuato nella sua specificità fattuale”. Quindi, per detti motivi la Cassazione ha annullato il sequestro senza rinvio.

Una vicenda giudiziaria grottesca. Questa storia, come molte altre, dovrebbe indignare e preoccupare chi ha a cuore le sorti democratiche del nostro sistema non solo giudiziario ma anche istituzionale. Oltre ad una serie di grossolane violazioni procedurali si è assistito ad una operazione giornalistica che non si poneva neanche il minimo dubbio sulla correttezza e pulizia di certi tipi di indagini. Una gravità enorme. E prima o poi bisognerà affrontare questo discorso. Non possiamo essere soggetti a delle violazioni così evidenti.

In tutto questo scenario preoccupa però il modo con cui gli organi di informazione gestiscono certe notizie e indagini. Per il momento basterebbe rispettare i principi che in maniera puntuale ha ribadito la Cassazione e finirla una volta per tutte. Su questo la nostra società dovrebbe confrontarsi e diventare più seria e credibile.

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