Non è ancora stato raggiunto l’accordo tra governo e Regioni sul nuovo dpcm che entrerà in vigore a partire dal 5 novembre. Al centro della trattativa c’è sempre l’introduzione di restrizioni mirate sul territorio in base ai parametri epidemiologici stabiliti dall’Iss, così come previsto nell’ultima bozza del provvedimento. L’esecutivo punta a introdurre un meccanismo automatico per consentire al ministero della Salute, di concerto con gli enti locali, di classificare in modo immediato ogni Regione in uno dei tre scenari di rischio (a cui corrispondono misure via via più dure), ma i governatori sono tornati a chiedere misure uguali in tutta Italia “e, in via integrativa, provvedimenti più restrittivi di livello regionale e locale”. Nel documento della Conferenza delle Regioni, redatto in serata dopo un’attenta analisi del dpcm, si legge che “destano forti perplessità e preoccupazione le disposizioni che comprimono ed esautorano il ruolo e i compiti delle Regioni e delle Province autonome, ponendo in capo al Governo ogni scelta e decisione sulla base delle valutazioni svolte dagli organismi tecnici“.
Un atto d’accusa che arriva al termine di giorni di polemiche, con i presidenti di centrodestra schierati sin da subito per evitare di chiudere le proprie città con ordinanze regionali. Adesso però ritengono che è “indispensabile instaurare un contraddittorio per l’esame dei dati con i dipartimenti di Prevenzione dei servizi sanitari regionali prima della adozione degli elenchi” delle aree a rischio. “Non appaiono, infatti, chiare le procedure individuate – si legge ancora nella lettera – e le modalità con le quali sono definite le aree e i territori a più alto livello di rischio e le modalità e le tempistiche con le quali viene declassificato il livello di rischio”. La richiesta è che gli enti locali possano partecipare all’analisi dei dati, “anche in considerazione della ricaduta delle misure sul rispettivo territorio”. Da qui la necessità, spiegano, di varare un piano di aiuti per le attività commerciali a rischio chiusura, contestuale al nuovo dpcm, e affiancato dall’introduzione di “meccanismi di sospensione dei tributi relativi agli anni fiscali 2020 e 2021″. Sul fronte economico il governo in realtà è già al lavoro: un altro miliardo e mezzo di risorse è in arrivo e dovrebbe essere già approvato giovedì in Consiglio dei ministri.
I governatori hanno poi sollevato l’esigenza di “prevedere forme di flessibilità per la didattica in presenza per le scuole primarie e secondarie di primo grado”. Il governo per ora intende imporre le lezioni online solo ai ragazzi delle superiori, mentre per chi frequenta le medie le lezioni in presenza solo salve (a patto di non trovarsi in una delle zone “a rischio massimo”, in cui potranno andare a scuola solo gli alunni delle classi prime). Le Regioni, invece, sembrano intenzionate a stringere ulteriormente le maglie e chiedono al governo l’autorizzazione a farlo. Sul tavolo ci sono infine altre richieste di natura tecnica: “Chi chi può e deve disporre la chiusura al pubblico di strade e piazze nei centri urbani” e “aggiungere, tra le attività e le categorie merceologiche da conservare aperte in ogni caso, anche quelle di igiene personale e della casa, di cibi per animali e cartoleria (per le scuole)”.
Il primo a rivendicare che la sua Regione è “a basso rischio”, stando almeno all’indice di contagio Rt, è stato il governatore ligure Giovanni Toti. In diretta Facebook ha però chiarito che “non è escluso nulla, c’è la possibilità di finire anche nella fascia più alta“. Le ordinanze del ministero della Salute con cui il Paese sarà diviso in tre aree, chiarisce, saranno “frutto del confronto nelle prossime ore”. Poi aggiunge: il dpcm “ha lasciato molte Regioni abbastanza perplesse nel loro complesso. Sia per il meccanismo automatico delle assegnazioni dei fattori di rischio, sia per la chiusura di bar e ristoranti, già penalizzati dalle chiusure serali”. La richiesta è che ci sia “un contradditorio con i tecnici prima dell’intervento del ministro per quantificare il rischio“. La pensa così anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti: “Ho fatto una richiesta, assieme ad altre Regioni, per avere una interlocuzione tra il Cts e la Provincia autonoma nel momento in cui sarà deciso il nostro posizionamento. Il ministro Speranza ha detto che dipenderà dall’indice rt e da un’altra ventina di indicatori e io credo che in Trentino, anche perché supportato dai dati, siano stabili. Non vogliamo una divisione troppo burocratica“. Il presidente del Piemonte Alberto Cirio, invece, mette sul tavolo una proposta finora inedita: “Presenterò domani stesso una proposta di legge che imponga una tassazione straordinaria alle piattaforme internazionali di vendita online per tutta la durata delle nuove misure del Governo, prevedendo di destinare la totalità dell’introito ai piccoli esercizi commerciali di vicinato”. Un modo, spiega, per mitigare gli effetti delle nuove chiusure previste dal dpcm.