di Paolo Di Falco e Marta De Vivo
Mentre la Francia da venerdì ha iniziato un nuovo lockdown, l’Italia è divisa dalle proteste. Proteste inizialmente pacifiche dove però oltre alla gente per bene si possono trovare esponenti dell’estrema destra, no mask, no 5G… Insomma ai commercianti si aggiungono persone con l’unico obbiettivo di creare disordine, caricare la polizia, spaccare le vetrine dei negozi.
Questa però secondo noi non può essere una giustificazione o una rassicurazione: quando si scende in piazza un motivo c’è. Questa volta è la disperazione: la disperazione di un padre di famiglia che nonostante le difficoltà tutte italiane, ha puntato tutto sul suo negozio, sul suo bar, sul suo ristorante e adesso non sa più come arrivare a fine mese.
Finora il settore terziario ha perso circa 30 miliardi di euro di fatturato a causa del lockdown e dei suoi strascichi (fonte Fipe-Confcommercio). Ma gli indennizzi del decreto Rilancio non hanno superato i 6 miliardi. Inoltre quando si preparava la riapertura a maggio per sanificare e mettere in regola i locali i ristoratori hanno speso 2,1 miliardi (fonte Confesercenti). E ora? Secondo Confcommercio le nuove chiusure comporteranno perdite per 17,5 miliardi circa nel quarto trimestre dell’anno.
Vi immaginate il dolore, la sofferenza di un padre che inerme davanti la propria figlia, non può più soddisfarne i bisogni? Ci immaginiamo la disperazione delle migliaia di impiegati nei locali, degli studenti che spesso lavorano per pagare la propria istruzione, che non potranno più farlo?
Le persone sono stanche, già messe a dura prova dal primo lockdown, senza risorse e abbandonate ormai a loro stesse, dei cuori e delle menti che non riescono più a reggere le difficoltà di questa sfida che sembra ormai insuperabile.
Questa crisi sanitaria ha pesato molto sulle imprese in Italia, infatti secondo un recente comunicato di Unioncamere tra aprile e giugno 2020 ci sono state 57mila iscrizioni di nuove imprese contro le 92mila del secondo trimestre del 2019, il 37% in meno. Da questi dati si deduce un forte indebolimento dell’imprenditoria italiana, ma non solo per quest’ultime c’è stata una frenata: anche le imprese straniere con sede in Italia hanno visto un forte calo per via della crisi sanitaria ed economica.
Infatti secondo un comunicato rilasciato da Unioncamere a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio e InfoCamere, nel primo semestre del 2020 il saldo tra le nuove imprese e quelle che hanno chiuso si è attestato a 6119 unità, raggiungendo il valore di 621.367 unità complessive, grossa la differenza con i numeri tra gennaio e giugno 2019. Secondo Confesercenti, le famiglie risentono del deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro, mostrando così maggiore prudenza nei consumi.
Gli ultimi dati dell’istituto di statistica, di luglio, registrano una diminuzione ulteriore delle vendite rispetto al mese di giugno (-2,2%). Mentre su base annua il calo è del 7,2 per cento. “Il calo delle vendite registrato dall’Istat a luglio certifica che la crisi del commercio, iniziata con il lockdown, non è ancora finita”, commenta Confesercenti. “Particolarmente grave è la situazione dei piccoli negozi, che vedono crollare le vendite nel mese, con una flessione di -11,7% rispetto al luglio del 2019”.
L’unico modo che abbiamo per rialzarci, è cominciare a capire quali siano i reali motivi che stanno dietro a questa rabbia, frustrazione, paura. Dobbiamo combattere questa paura con l’arma più forte, la nostra cultura, conoscenza e la capacità d’analisi. Solo così, facendo ricorso alle nostre doti, di cui questo paese è da sempre possessore, riusciremo a far fronte a questa crisi e uscirne così più forti di prima.
Aggiornato da redazione web alle 12,30 del 3/11/2020