Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, non riesce a imporre a tutti i medici di base di effettuare i tamponi rapidi e allora si affida ai veterinari. Con una motivazione tecnico-professionale che ha illustrato nel corso dell’ormai consueta conferenza stampa nella sede della Protezione civile del Veneto. “L’uomo è un mammifero e a livello di mammiferi i veterinari sono esperti, se fossero disponibili potremmo fare un percorso anche con loro: abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Sono bravissimi professionisti e potremmo affidare i test anche a loro”. Ha informato che la Regione Veneto sta studiando anche questo progetto, “per unire le forze di tutti”. E ha aggiunto: “Abbiamo dato mandato alla dottoressa Francesca Russo, responsabile della Direzione prevenzione e salute, di convocare i rappresentanti dei veterinari per fare lo stesso lavoro dei medici di base. In totale, in Veneto, sono 2450”.
La premessa di questa scelta è nel fatto che il “contact tracing è in difficoltà – ha spiegato – per questo mi auguro che la collaborazione con i medici di base sia proficua, anche in questo senso, oltre che per dare un servizio ai pazienti. È un lavoro di squadra, sono stato richiamato per i toni ma sinceramente noi non abbiamo tempo di star qui a ‘pettinare le bambole’”. In effetti il coinvolgimento dei medici di base non era stato accolto con favore dagli stessi, che da mesi sono sotto pressione e svolgono il ruolo di primo avamposto nel territorio, a diretto contatto con i pazienti. “Nelle prossime ore kit di tamponi e dispositivi a tutti i medici di base, ne stanno arrivando 64mila dal governo, siamo la prima regione in Italia a testare questa procedura e a testare le polemiche. Ma io non potevo aspettare” ha concluso Zaia.
A parte le prese di posizione della categoria, ieri è arrivata da Verona una dichiarazione molto severa di un medico di base, la dottoressa Franco Mirandola che è anche sindacalista della Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti: “Sono tornata a casa dopo sette mesi di ospedale. Mi ha infettata un paziente nel mio studio e io a mia volte ho contagiato mio marito. Lui se l’è cavata subito, io sono finita per due volte in rianimazione e ancora lotto contro il virus”. E a Zaia ha detto: “In oltre l’80 per cento degli ambulatori non si può garantire la sicurezza. Per fare un tampone, basta fare un mini-corso, non è necessario un medico: vadano Zaia e la sua Giunta a farli, magari viene anche il ministro Speranza (che ha tanto celebrato l’accordo nazionale) senza dispositivi di sicurezza, come chiedete a noi”.