Trentuno. Sono i campionati conquistati dal Ferencvaros. Fondati nel 1899, le Aquile Verdi devono aspettare appena quattro anni per sollevare il loro primo titolo nazionale. È il 1903 e un’egemonia è appena cominciata. Perpetuata di decennio in decennio, fino agli anni Cinquanta. In Ungheria si instaura il comunismo e ogni squadra deve essere affiliata a un organo dello Stato. Il Ferencvaros però è sempre stato un club legato alla destra borghese e questo è un problema. Le Aquile Verdi rimangono senza successi per quattordici anni, fino al 1963. Un’astinenza di successi lunga ma non dolorosa come quella patita all’inizio degli anni Duemila. Causa? I gravi problemi finanziari che hanno costretto il Ferencvaros alla prima retrocessione nella sua storia. La risalita è stata difficile e si è conclusa nel 2016, con la conquista del ventinovesimo titolo. Prima del ritorno in Champions League dopo 25 anni di attesa, con la qualificazione ottenuta nello scorso agosto.
Una storia che si intreccia anche con quella della Juventus (oggi alle 21 la sfida valida per la terza giornata del gruppo G di Champions League). In pochi sanno infatti che la prima finale persa a livello europeo dai bianconeri è stata proprio contro il Ferencvaros. È quella che mette in palio la Coppa delle Fiere 1964/65, l’antenata dell’attuale Europa League. È il 23 giugno 1965, stadio Comunale di Torino. La Juventus va alla caccia del suo primo successo fuori dai confini nazionali. È la squadra di Heriberto Herrera con Anzolin in porta e Nestor Combin in attacco. Il percorso per arrivare all’ultimo atto non è stato dei più semplici. Dopo il facile esordio contro l’Union SG, i bianconeri se la sono vista contro Stade Francais, Lokomotiv Plovdiv e l’Atletico Madrid. Per avere ragione dei bulgari e degli spagnoli, hanno avuto bisogno degli spareggi (all’epoca non esisteva la regola del gol fuori casa e a parità di reti segnate si giocava una terza partita). Anche il percorso degli ungheresi verso la finale non è stato agevole. Tre sono stati gli spareggi. Contro il Wiener SK, l’Athletic Bilbao nei quarti e il Manchester United di Dennis Law (capocannoniere della manifestazione) in semifinale. Le uniche due squadre sconfitte nettamente sono state la Roma e lo Sparta ZJS Brno.
È un’edizione strana quella del 1964/65. La decisione degli organizzatori di ammettere 48 squadre comporta non pochi problemi. Arrivati ai quarti di finale i club ancora in lizza sono soltanto sei. Viene deciso che due squadre passeranno d’ufficio in semifinale. Il sorteggio sorride a Juventus e Atletico Madrid. Più forti (soprattutto in difesa) e più riposati, i bianconeri in finale sono nettamente favoriti. Eppure la vigilia non è stata tranquilla. Il rapporto tra il tecnico Herrera e Omar Sivori non è più sanabile. L’italo-argentino viene escluso. Senza il suo punto di riferimento la Juventus scende in campo scarica. Non basta il tifo del pubblico di casa a trascinare la squadra. Le uniche occasioni arrivano nella ripresa, ma sia Combin che Stacchini sprecano. Il Ferencvaros invece non ha timore reverenziale. Spinti dal talento di Albert (capocannoniere al mondiale 1962 e futuro Pallone d’Oro nel 1967) le Aquile Verdi sono più volte pericolose, fino al minuto 74. Il cross di Novak sul secondo palo è perfetto per la testa di Fenyvesi, di professione chirurgo veterinario. È la rete della vittoria. Gli ultimi tentativi juventini non hanno esito. Per la prima volta una compagine dell’est Europa ha vinto un titolo internazionale. Per l’Ungheria si tratta, ancora oggi, dell’unico successo.