Le doppiette di Morata e Dybala, gli errori incredibili del portiere avversario, i limiti tecnici e fisici imbarazzanti dei magiari. Nella serata di Champions c'è tutto questo e un'unica grande consapevolezza: per capire se la squadra di Pirlo ha superato definitivamente il momento negativo servirà una prova più tosta. E domenica c'è la Lazio
La Juve vince col Ferencvaros. In Ungheria finisce 4 a 1 per i bianconeri con il solito Morata che fa doppietta come Dybala. E questo sarebbe un dato così scontato che si potrebbe persino omettere. L’occasione di una sgambata in Champions, perché con ogni rispetto per gli ungheresi la gara di stasera per la zebra era una sgambata, sarebbe stata propizia anche per convincere, dare certezze, trovare equilibri. Però mentre la vittoria, scontata, è arrivata, su tutto il resto ci sono ancora diverse perplessità. Il Ferencvaros è una formazione molto, molto modesta: assolutamente impalpabile in attacco, generosissima in difesa, con la generosità intesa come cortesia per gli avversari sotto forma di gol gentilmente offerti, allenata da Rebrov, che però per la Juve era molto più temibile in campo ai tempi della Dynamo Kiev che in panchina per la Juventus. Eppure qualche grattacapo, con buone offensive sulle fasce e qualche occasione vanificata dalla loro modestia, gli ungheresi lo creano e riescono anche a fare un gol, sul finale, con Boli.
Poi certo, la Juve ne fa quattro ma a prescindere dal risultato sembra che Pirlo sia ancora alla ricerca di una dimensione definitiva, ed è anche comprensibile: nella serata ungherese il tecnico bianconero sembra mutuare una caratteristica del vecchio maestro Ancelotti, in particolare la tendenza a cambiare schema a seconda della fase di gioco. 3-4-3 in fase d’attacco, 4-3-3 in fase di difesa. Di gioco non se ne vede granché, ammesso sia quella l’ambizione dell’ex campione del mondo: le migliori azioni sono frutto di prodezze di singoli, tralasciando i regali ungheresi. Potrebbe andar bene così, in fin dei conti il pragmatismo è sempre stata una virtù in casa Juve. Di buono c’è l’intesa tra Morata e Ronaldo e la capacità di sfondare sulle fasce che porta al gol del vantaggio dello spagnolo dopo sette minuti e al raddoppio a inizio secondo tempo.
Di buono c’è che la qualificazione è praticamente scontata, seppur probabilmente come seconda nel girone a meno di una vittoria al Camp Nou. Ma ad oggi quello che è il principale ingrediente di cui è in cerca la Juventus: un’identità ben definita che la riporti a ritrovare la consueta autorevolezza e dunque l’immagine di “potenza” tale da incutere timore negli avversari, ancora non c’è. Non la dà Arthur, uno dei principali investimenti del mercato bianconero, quell’autorevolezza in mezzo al campo: ancora fuori condizione e poco lucido il brasiliano non imprime il suo ritmo. Ovviamente però 8 gol in due partite, seppur contro Spezia e Ferncvaros, e due vittorie importanti in campionato e Champions non possono che contribuire ad andare avanti e appunto a continuare a ricercare quella identità e magari a crearla, visto che come ricordato dallo stesso Pirlo il gruppo è giovane, lui stesso è giovane, e la fase di rodaggio è ancora in corso. E Spezia e Ferncvaros, quel rodaggio lo agevolano: già la Lazio nel turno di domenica difficilmente concederà tanta grazia.