L’entrata in vigore del Dpcm approvato la scorsa notte dal governo slitta di un giorno. Lo comunica Palazzo Chigi con una nota, chiarendo che “tutte le nuove misure previste dall’ultimo Dpcm – quelle riservate alle aree gialle, arancioni e rosse – saranno in vigore a partire da venerdì 6 novembre“. La decisione è stata presa dall’esecutivo “per consentire a tutti di disporre del tempo utile per organizzare le proprie attività”. Ciò significa che è tutto congelato: non solo la divisione delle Regioni in tre aree, ma anche il coprifuoco nazionale dalle 22 alle 5, il limite agli spostamenti tra territori e la didattica a distanza obbligatoria alle superiori. L’intero pacchetto di misure doveva essere valido dal 5 novembre fino al 3 dicembre (salvo proroghe), tanto che il dpcm è presente sul sito del governo con le bollinature del caso. Ma non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale. In ogni caso, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto in conferenza stampa per chiarire i contenuti del provvedimento, anticipando la classificazione delle Regioni: Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria in area rossa, Puglia e Sicilia in area arancione. Tutte le altre rientreranno nell’area gialla.

La retromarcia dell’esecutivo arriva al termine di una giornata convulsa, iniziata nella notte con la firma al dpcm da parte del premier. Il testo è rimasto pressoché invariato rispetto alle bozze trapelate ieri: la novità più importante riguarda la divisione del Paese in tre aree (ribattezzate con tre colori dalla stampa): quella “gialla” è valida per l’intero territorio nazionale e prevede il coprifuoco dalle 22 alle 5, lo stop a musei, cinema e centri commerciali nei weekend, la didattica a distanza per gli studenti delle superiori, la mascherina obbligatoria al banco anche per i bambini delle elementari e la capienza massima al 50 per cento su autobus e treni regionali. Poi ci sono l’area “arancione” e quella “rossa”, con misure ancora più dure dovute dell’alto rischio di contagio.

A decidere la classificazione è stato il ministro Speranza con apposite ordinanze, emanate dopo un consulto con i presidenti di ciascuna Regione. Tutto sulla base di 21 parametri epidemiologici fissati dall’Iss, anche se su questo i governatori sono tornati a protestare. “È inaccettabile basarsi su dati di 10 giorni fa”, ha tuonato il capo del Pirellone Attilio Fontana. A suo dire, l’ultima valutazione della cabina di monitoraggio” sull’andamento del Covid nel nostro Paese è avvenuta più di una settimana fa e deve essere aggiornata. Alle polemiche si è aggiunto pure il sindaco di Milano Beppe Sala, che ha accusato l’esecutivo di temporeggiare sulla classificazione dei territori. “Caro Governo, sono le 6 di sera, un bar milanese sta chiudendo e ancora non sa se alle 6 di domani mattina potrà riaprire. Quando glielo facciamo sapere?”. Poco dopo Palazzo Chigi ha deciso di fermare l’intero dpcm.

“Siamo sfiniti”, è il commento del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Alle 19, scrive su Twitter, il governo “cambia l’entrata in vigore del provvedimento e decide che si comincia da venerdì 6 novembre. Perciò domani tutto rimane invariato come oggi. Le scuole superiori aperte anche domani”. La Regione Puglia, invece, a prescindere dallo slittamento del dpcm ribadisce la validità della sua ordinanza regionale sullo stop alle lezioni in presenza per tutte le scuole (eccetto la primaria). Il presidente Michele Emiliano e l’assessore alla Sanità Lopalco sostengono che rimarrà in vigore fino al 26 novembre, come inizialmente previsto, e che se il governo nazionale riterrà necessaria la riapertura della didattica in presenza, potrà richiedere la revoca dell’ordinanza.

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