È più piccolo dei “classici” anticorpi monoclonali attualmente allo studio per contrastare Covid-19. Ma può essere altrettanto o addirittura più potente nello sconfiggere l’infezione. Sybody 23 è un “nanoanticorpo”che un gruppo di ricercatori dell’European Molecular Biology Laboratory (EMBL) e del Karolinska Institutet ha individuato come possibile arma contro il virus Sars-Cov-2. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, gli scienziati hanno mostrato che questo nanoscopico “alleato” potrebbe impedire al virus di interagire con le cellule umane. “La capacità di Sars-CoV-2 di infettare le cellule – spiega Dmitri Svergun dell’Embl e tra gli autori dello studio – dipende dalle interazioni tra la proteina Spike (la chiave con cui Sars-CoV-2 riesce a entrare nelle cellule, ndr) del virus e il recettore delle cellule umane ACE-2, interazioni che avvengono grazie ai domini di legame del recettore (RBD), delle protuberanze che i ‘sybodie’ possono bloccare”.
I ricercatori hanno utilizzato queste protuberanze di Spike per identificare gli anticorpi in grado di legarsi alla proteina, in modo stabile, efficace e preciso. “I nanoanticorpi sono anticorpi presenti nei cammelli e nei lama – spiega Svergun – e sono molto promettenti come armi contro i virus grazie alla loro elevata stabilità e alle piccole dimensioni. Ottenerli dagli animali richiede del tempo, ma i progressi tecnologici ci consentono una rapida selezione”. Per individuare Sybody 23 i ricercatori hanno utilizzato l’archivio sviluppato nel laboratorio di Markus Seeger presso l’Università di Zurigo, una sorta di enorme libreria di molecole. Tra tutti i nanoanticorpi, gli studiosi hanno selezionato Sybody 23 per la sua straordinaria capacità di legarsi alla proteina Spike con grande stabilità. “Abbiamo utilizzato la microscopia crioelettronica, una tecnica di indagine a temperature criogeniche – sottolinea Martin Hällberg del Karolinska Institutet, altro autore dello studio – per determinare la struttura del legame tra Sars-CoV-2 e Sybody 23. L’analisi ha rivelato che l’anticorpo è in grado di bloccare gli Rbd (le protuberanze di Spike, ndr) indipendentemente dalla loro posizione, il che rende il Sybody 23 significativamente efficace”.
Per verificare la capacità dell’anticorpo sintetico di neutralizzare Sars-CoV-2, il gruppo di ricerca ha utilizzato un lentivirus modificato in modo che potesse trasportare la proteina Spike. “Sybody 23 ha ‘disattivato’ con successo il virus modificato in vitro”, sostiene Ben Murrell del Karolinska Institutet, altro autore dello studio, secondo il quale “saranno necessari ulteriori test per confermare se questo sybody potrebbe fermare l’infezione da Sars-CoV-2 nel corpo umano, ma siamo molto fiduciosi”. Siamo quindi ancora lontani dalla clinica, ma le premesse sono molto promettenti. “Lo spirito di collaborazione in questo studio è stato fondamentale”, dice Christian Löw dell’EMBL, altra firma dell’articolo. “Ottenere risultati così rapidamente è stato possibile solo perché le metodologie che abbiamo utilizzato – continua – erano già state usate per altri progetti di ricerca non correlati a Sars-CoV-2. I risultati di questo progetto offrono la promessa di un potenziale modo per trattare Covid-19 e nei prossimi studi ci concentreremo sull’analizzare la capacità di Sybody 23 di rappresentare un trattamento efficace per il nuovo coronavirus”.
Per gli scienziati i nanoanticorpi rappresentano un’interessante strada per lo sviluppo di farmaci innovativi contro diverse malattie. “Hanno proprietà strutturali e funzionali uniche e costituiscono la base di una nuova generazione di molecole terapeutiche”, conferma Giuseppe Novelli, genetista presso l’Università di Roma Tor Vergata, impegnato attualmente in una collaborazione internazionale che ha individuato quattro potenziali anticorpi monoclonali “classici” efficaci contro Covid-19. “Grazie alle loro piccole dimensioni e alla particolare struttura, i nanobodies sono elementi costitutivi ideali per la generazione di nuovi farmaci biologici con molteplici vantaggi competitivi rispetto ad altre molecole terapeutiche. Nel febbraio 2019 la Food and drug administration (Fda) – prosegue – ha approvato il caplacizumab, un nanoanticorpo per la porpora trombotica trombocitopenica acquisita (aTTP), una malattia rara caratterizzata da un’eccessiva coagulazione del sangue nei piccoli vasi sanguigni”.