Cosa è successo sui mercati nelle ultime 48 ore? Perché le borse salgono nonostante un esito delle elezioni non ancora pienamente definito? Perché ieri i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi sono esplosi e già oggi crollano? Andiamo con ordine. Sul voto statunitense le borse speravano fondamentalmente una cosa: un’affermazione chiara e netta. Poiché i sondaggi davano per favorito Biden, la scommessa si è declinata nella formula “blue wave”, ossia la conquista sia del Senato, sia della Camera (e naturalmente della Casa Bianca) da parte dei democratici “blu”. Un assetto istituzionale di questo tipo consentirebbe una rapida approvazione del maxi piano di stimoli per l’economia (2mila miliardi di dollari) promesso da Biden. Uno degli effetti di questa, ennesima, pioggia di dollari potrebbe essere quello di un incremento dell’inflazione, condizionale d’obbligo di questi tempi. Se l’inflazione sale i titoli di Stato (che pagano interessi fissi in valore assoluto) diventano meno convenienti. E quindi, in anticipo di qualche ora rispetto all’inizio dello spoglio, è partito il via alle vendite.
Poi sono iniziati ad arrivare i risultati e la partita è sembrata essere più combattuta di quanto previsto. A pagarne lo scotto sono state soprattutto, per ragioni di fuso orario, le borse europee che hanno aperto nel momento in cui l’esito finale appariva più in bilico. E infatti hanno iniziato le contrattazioni in calo, seppur con flessioni composte. Verso la fine della mattinata le nubi sull’esisto delle elezioni hanno però iniziato a diradarsi, piccoli ma importanti segnali puntavano tutti nella stessa direzione: quella di Biden. Il primo asset a registrare il cambio di umore è stato lo yuan cinese, moneta particolarmente sensibile ad un cambio di presidenza visti i rapporti complicati con Donald Trump. Dopo una prima parte della mattinata in deciso calo, la valuta di Pechino è schizzata al rialzo.
Il piano di stimoli arriverà, l’aumento delle tasse forse no – All’apertura di Wall Street, alle 15 e 30 ora italiana, i giochi venivano dati sostanzialmente per fatti. Vittoria democratica, come da previsioni anche se probabilmente meno ampia di quanto atteso (ma questo lo si saprà con certezza solo domani sera). Nota importante, il Senato potrebbe conservare una maggioranza repubblicana. Per le borse questo potrebbe addirittura significare di aver fatto bingo. E’ vero, il piano di aiuti potrebbe dover affrontare un percorso più accidentata da cui uscire più lentamente e, forse, ridimensionato nel suo ammontare. Quindi, in prospettiva, si sgretolano le attese per un rafforzamento dell’inflazione. Di nuovo quindi….si cambia idea sui titoli di Stato che infatti oggi sono stati ricomprati in modo massiccio, facendone salire il prezzo e riducendone i rendimenti (essendo fisso l’ammontare pagato il valore percentuale scende se calcolato su un prezzo maggiore). Ma alla fine il piano di aiuti arriverà, per quanto combattiva e incarognita nessuna opposizione si accollerebbe la responsabilità di uno stop ad un programma di sollievo per famiglie e imprese, nel bel mezzo di una pandemia e della peggior crisi economica del dopoguerra. Quello che potrebbe vacillare con una maggioranza meno solida è invece l’aumento del prelievo sui profitti delle grande aziende presente nel programma da Biden. Niente di rivoluzionario, l’aliquota, dall’attuale 21% dovrebbe risalire al 28%. All’inizio del mandato di Trump era al 35%. Come si dice, Wall Street potrebbe acchiappare due piccioni con una fava.
Sotto il segno della Federal Reserve – In questa storia manca un protagonista. Anzi, la protagonista principale: la Federal Reserve. A tenere calmi i mercati nel flusso delle notizie che arrivavano ieri, c’era anche la sicurezza di poter contare sul sostegno della banca centrale. Già oggi potrebbe arrivare l’annuncio di nuova iniezione di liquidità (soldi). Ormai i mercati e le banche centrali sono legate da una sorta di cordone ombelicale. Le borse “respirano”, a prescindere da qualunque cosa accada al di fuori da questo ambiente materno. Una condizione in prospettiva pericolosa e malsana ma ormai consolidata da tempo. Quello che la Fed somministra ai mercati ha un effetto sia calmante che eccitante. Attutisce i “rumori” esterni, soprattutto quelli più fastidiosi come quella di un’elezione contestata, ma amplifica i movimenti. Anche per questo ieri non si è assistito a situazioni di eccessivo nervosismo, pur in presenza di una volatilità piuttosto marcata (ossia ampi alti e bassi dei listini). Visto ciò che stava accadendo fuori, la corsa di Wall Street è sembrata esagerata, me lo è meno se si considera il contesto in cui si muovono i mercati e il fatto che lo sguardo sia sempre rivolto verso mamma Fed. Secondo gli esperti, la volatilità è quello che dovremo attenderci anche nei prossimi giorni. Chissà, i mercati sembrano muoversi ormai sempre più in un modo autoreferenziale e sempre più scollegato dal resto. Saggezza o follia?