L'appello della Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta per una maggiore trasparenza: "E' indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra governo e Regioni". E questo perché, si legge nel report settimanale, "parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei 'colori' non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali"
Alla vigilia dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm, la Fondazione Gimbe ha fatto un appello perché siano “resi disponibili tutti i dati dell’epidemia” e in particolare quelli su cui si decidono “i colori dal assegnare alle Regioni“. La richiesta si inserisce in un clima di forte tensione tra il governo e gli enti locali, poche ore prima che entrino in vigore le restrizioni per le zone rosse, gialle e arancioni.
“Nella settimana 28 ottobre-3 novembre”, si legge sempre nel report settimanale della Fondazione, “si conferma l’incremento di oltre il 60% dei casi positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, portando gli ospedali verso la saturazione. Il numero di decessi nell’ultima settimana ha superato i 1.700, con un trend che, con una settimana di ritardo, ricalca di fatto le altre curve mentre l’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati, prossimo al 24%, certifica il crollo dell’argine territoriale del testing & tracing. La situazione nazionale rimane invece molto eterogenea con notevoli variabilità regionali”.
Il presidente Nino Cartabellotta , come già aveva fatto il 4 novembre audito dal Parlamento, ha chiesto quindi di “rendere disponibili tutti i dati dell’epidemia, soprattutto quelli che informano i colori da assegnare alle Regioni” sottolineando la “mancanza nei Dpcm di una strategia a lungo termine condivisa tra governo e Regioni”. “L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale”, ha aggiunto, “è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra governo e Regioni”.
Sul fronte del monitoraggio 28 ottobre-3 novembre, l’incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (195.051 contro i 130.329), in parte per l’aumento dei casi testati (817.717 contro i precedenti 722.570), ma soprattutto per l’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati (23,9% contro il 18%). Crescono del 63,9% i casi attualmente positivi (418.142 contro 255.090) e, sul fronte degli ospedali, si rileva un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (21.114 contro 13.955) e in terapia intensiva (2.225 rispetto ai 1.411 precedenti). Incrementano del 72% i decessi (1.712 contro 995).
Secondo Cartabellotta, “parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei ‘colori’ non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso Dpcm che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata”. “Solo per il report giornaliero dei casi di Covid-19 – aggiunge – i dati sono disponibili in formato open. Al contrario, per il sistema di sorveglianza nazionale integrata disponiamo solo dei report settimanali dell’Istituto Superiore di Sanità con dati in forma aggregata. Mai resi pubblici neppure i report sugli indicatori di monitoraggio della fase 2 della Cabina di Regia, utilizzati per guidare le misure restrittive».
Da qui la richiesta del Gimbe di includere nel report giornaliero del ministero della Salute il numero di contagi per Comune; rendere accessibile il database nazionale di sorveglianza integrata dell’Iss in formato open data; rendere pubblici tutti i report dei 21 indicatori stabiliti dal decreto ministeriale del 30 aprile 2020 utilizzati per il monitoraggio della fase 2, rendendo altresì accessibile il database in formato open data; rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dagli articoli 2 e 3 del Dpcm del 3 novembre 2020. Punto quest’ultimo, secondo il Gimbe, “particolarmente rilevante che determina per le Regioni l’assegnazione dei tre colori, corrispondenti a livelli differenziati di misure restrittive”.