Cinema

Rivoluzione Bond, 007 ora donna e nera. Dalle girl che morivano prima della fine del film alle dark lady: i nuovi tempi meritano un altro agente

di Beatrice Manca

Nera e donna: ecco il prossimo agente 007 al servizio di sua maestà. Dopo una vita di inseguimenti, spari e intrighi internazionali, nel film “No Time To Die” James Bond decide di ritirarsi in Giamaica e di passare il testimone all’agente Nomi, interpretata da Lashana Lynch. La notizia, sussurrata da mesi, è stata confermata dall’attrice, che con il film di Cary Fukunaga entra due volte nella storia: per la prima volta 007 è di colore, e per la prima volta è una donna. “Non volevo sprecare un’opportunità quando si è trattato di ciò che Nomi potesse rappresentare – ha detto in un’intervista a Harper Bazaar – Ho cercato nella sceneggiatura per almeno un singolo momento nel quale il pubblico nero avrebbe potuto annuire, insultando la realtà ma contenti di veder rappresentata la loro vita.

Nella saga di spionaggio nata dalla penna di Ian Fleming di donne ce ne sono, e molte: le Bond Girl, che hanno avuto il volto delle più belle e celebri attrici del momento, da Jane Seymour a Monica Bellucci. Ma se tutti ricordiamo Ursula Andress principalmente per la scena in cui esce dall’acqua in un bikini bianco – era il 1962, e lui era Sean Connery – nel tempo le Bond girl sono state bellissime complici, seduttrici esperte, implacabili spie o misteriose nemiche. Solo due anni dopo la Andress è il turno di Honor Blackman, che in Goldfinger interpreta Pussy Galore: un nome malizioso che oggi farebbe rabbrividire le femministe, perché più o meno sta per “gatta in calore”.

La prima a rompere il tabù razziale è Gloria Hendry, cioè Rosie Carver, la prima conquista afro-americana di Bond, che qui ha il volto di Roger Moore: sono gli anni Settanta, gli anni delle conquisti civili, dell’orgoglio nero. Nel 1985 arriva un’altra donna di colore, la cantante Grace Jones: è la ‘cattivissima’ May Day, guardia del corpo del nemico di James Bond, iconica nelle giacche di pelle nera di Azzadine Alaia. Tutto il contrario delle languide Bond Girl, che fino a quel momento erano accomunate da due cose: si innamoravano perdutamente dell’agente e di solito morivano prima della fine della pellicola. Un ruolo destinato a cambiare con l’arrivo di Michelle Yeoh: la prima Bond girl asiatica, negli anni 90, a dare filo da torcere a Pierce Brosnan. Non una ricca ereditiera, ma un colonnello ai vertici dei servizi segreti cinesi, esperta di arti marziali. E prima di cadere tra le braccia dell’agente Bond, è lei a salvargli la pelle: per il suo carattere e per la verve con cui domina lo schermo Business Time la include nella top ten delle migliori Bond Girl di tutti i tempi, subito dopo Ursula Andress.

Arrivano gli anni Duemila, e le donne della saga ispirata all’MI6 sono sempre meno amanti e sempre più armate: come Halle Berry, che interpreta l’agente segreto americano Giacinta Johnson al fianco del ‘giovane’ Bond Daniel Craig. Moderna, emancipata, indipendente, ma con un omaggio al mito: anche lei esce dall’acqua con un bikini (stavolta arancione) e un coltello alla vita, come Ursula Andress quarant’anni prima. Si apre l’era delle femme fatale: come Eva Green, la misteriosa e enigmatica Vesper di Casino Royale. Il suo personaggio è così centrale nella storia da dare il nome al cocktail preferito di James Bond, il Vesper Martini (agitato e non mescolato, mi raccomando). Non c’è più spazio per le donne trofeo, che l’agente collezionava grazie al suo fascino: ora le Bond girl sono dark lady capaci di complotti, di intrighi, di sparatorie e di tradimenti. E l’ultima non fa eccezione: l’attrice francese Lea Seydoux, nei panni della dottoressa Madeline Swann. Non stupisce quindi che nel 2020 il ruolo dell’agente segreto più famoso al mondo venga ereditato da una donna: eppure sul web in molti sono scettici, per non dire critici. “Una follia del politicamente corretto, ridateci il vero James Bond”. “Ian Fleming ha inventato un solo agente 007, ed è un uomo”. In realtà il film Cary Fukunaga non vuole essere una versione di “Bond in gonnella”, ma un nuovo capitolo: i nuovi tempi meritano un nuovo agente.

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