A poche ore dall’entrata in vigore delle zone di rischio in Italia – tra polemiche politiche e proteste – arriva la conferenza stampa al ministero della Salute per spiegare quali sono stati i criteri, 21 parametri, per conferire gli scenari e i relativi colori. Valutazioni non in base al colore politico delle giunte, ma incrociando i numeri, studiando il trend e parametrando tutto con le disponibilità di letti e la capacità di tracciamento. A spegnere le ipotesi sulla genuinità dei dati ci pensa il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, rispondendo a una domanda sull’ipotesi che i dati forniti dalle Regioni non siano completi come ipotizzato nel caso della Calabria (finita nello scenario 4): “Escluderei il dolo delle regioni. C’è stato un grande aumento dei casi nelle ultime settimane con rapida crescita e questo mette in difficoltà il sistema, il carico di lavoro notevole può portare dei ritardi. L’analisi del rischio guarda il trend non è uno strumento che dà i voti e non è una valutazione” ma è uno strumento “per capire dove siamo, come evolve la situazione e dove si sta andando. È un processo automatico con regole rigide molto definite”.

Il meccanismo, l’algoritmo e la valutazione – Un meccanismo che si basa sui 21 indicatori messi a punto e contenuti nel decreto ministeriale del 30 aprile, quindi perfettamente noti da tempo. Le Regioni censiscono i dati che sono richiesti dagli indicatori stabiliti e condividono questi numeri con la cabina di regia. La cabina di regia li elabora sulla base di un algoritmo previsto dal decreto ministeriale della primavera scorsa. Quindi vengono rimandati alle Regioni per una ulteriore validazione. Riguardo agli indicatori Brusaferro spiega che “siamo in una fase di transizione e rimodulazione in cui ci sono delle ricrescite su cui bisogna intervenire per controllare la diffusione, riportandola a valori più labili o a velocità più controllata in modo tale da poter affrontare i prossimi mesi”. La parola d’ordine è “obiettivi diversificati in funzione della fase” soprattutto portare l’indice Rt sotto il fatidico numero 1: “Tutte le misure che vengono adottate dobbiamo misurarle in un arco di tempo di due settimane. Prima andiamo sotto il valore 1 per l’Rt e prima vedremo i casi decrescere. Sappiamo che, come un treno, anche il virus non si ferma istantaneamente. Servono interventi forti per rallentarne la corsa“.

Il caso Campania? Rt più basso di quello della Lombardia – Per questo si sono definiti da tempo parametri e criteri così stringenti. “Si lavora su indicatori come incidenza, Rt, occupaziune posti letto: se c’è un regione con apparentemente pochi casi e ha alta occupazione terapie intensive, quella è una regione in sofferenza. Sono dati che vanno letti nella loro interezza. Dati che fanno riferimento a incidenza, Rt e resilienza” spiega il direttore Prevenzione del dicastero della Salute Gianni Rezza. Che aggiunge: “Dopo 14 giorni ci potrà essere una descalation per le regioni, cosi come se nella prossima cabina di regia ci fossero situazioni diverse, altre regioni potrebbero diventare rosse. Inoltre il sistema non è così rigido e c’è la possibilità di fare zone rosse anche in una regione che non è rossa“. Rezza spiega anche come mai delle regioni che sembravano in grande sofferenza in realtà siano state classificate meno a rischio. Un caso su tutti quello della regione governata da Vincenzo De Luca finita nella zona gialla. L’indice di trasmissibilità Rt “in Campania è più basso rispetto a quello della Lombardia o della Calabria. Ciò significa che la trasmissione molto aumentata nelle scorse settimane si è stabilizzata anche se il numero dei casi è alto“.

In Calabria possibile aumento della trasmissione in atto – Rezza spiega anche il caso Calabria (zona rossa). “La criticità per la Calabria nasce da Rt elevato a 1.84, questo vuol dire che anche se in questo momento non c’è un numero di casi particolarmente elevati, Rt ci porta a pensare che c’è un aumento della trasmissione in atto e quindi ci potrebbe essere criticità nel numero dei casi nel prossimo futuro. Inoltre ci potrebbe essere occupazione delle terapie intensive superiore al 50%. Non c’è ora eccesso di casi ma c’è un trend che va verso la criticità, ma nel giro di 2 settimane situazione può rientrare”. Si è parlato anche della Lombardia (zona rossa)) e della decisione di Ats Milano di non sottoporre a temponi i contatti stretti dei positivi. “Sappiamo che la Lombardia ha in questo momento una circolazione elevata. E quando il numero di casi cresce così è chiaro che diventa problematico tracciare. Questo è un elemento critico” dice Brusaferro commentando la decisione dell’Ats di Milano di non sottoporre a tampone i contatti stretti dei positivi. “So che i colleghi in Lombardia stanno mettendo a punto dei sistemi elettronici di autotracciamento che possano aiutare a fare questo tipo di attività, e credo che questa loro esperienza possa essere anche preziosa. ScontroPuò essere uno strumento ulteriore che va ad arricchire la cassetta degli attrezzi”.

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