“Gli over 65 hanno ancora molti progetti per il loro futuro, e questo varrà anche per i giovani di oggi quando anche loro invecchieranno. Chiediamo a loro di non bruciarsi i ponti dietro le spalle. Anzi chiediamo loro di lavorare e lottare assieme a noi per ridare vita allo spirito della legge 833 del 1978 sulla riforma sanitaria, che è stata conquistata con le lotte di coloro che adesso si vorrebbe rinchiudere nelle case”. Il Segretario Generale del Sindacato dei pensionati lombardi della Cgil, Valerio Zanolla, ha così chiuso il convegno “Ci dicevano ‘Andrà tutto bene’, ma avevamo paura”.
L’incontro dello Spi Cgil Lombardia è stata l’occasione per presentare uno studio condotto in collaborazione con l’Istituto Mario Negri, basato su un questionario distribuito tra i mesi di luglio e settembre a 1.480 over 65 residenti in Lombardia. Una fotografia della condizione degli anziani e di come il Covid -19 abbia cambiato le loro vite che ha fatto parlare don Virginio Colmegna di anziani “esiliati e occultati che vengono trattati come corpi estranei alla società” e della necessità di “reagire alla cultura dello scarto“.
Si muove in questo contesto l’analisi sugli effetti del lockdown sugli over 65: come ha pesato tutto questo sulle loro condizioni fisiche, psicologiche e di salute? Di che cosa hanno avvertito di più la mancanza? Come hanno trascorso il tempo dell’isolamento? E più in generale, che tipo di vita fanno i nostri anziani normalmente dal punto di vista delle attività culturali, sportive, ricreative?
Hanno risposto 1480 residenti in tutti i territori della Regione, di cui 647 donne e 817 uomini, con un’età media di 69 anni e un livello medio di istruzione (il 39,4% possiede la licenza media, il 38,3% un diploma). La maggior parte ha dichiarato di vivere con il partner, di avere figli e, in alcuni casi, dei nipoti.
Mentre il 52% degli intervistati dichiara di aver avuto un cambio di abitudini a seguito della diffusione del virus, un buon 47% dichiara di non aver subito modifiche alla propria vita. La metà degli over 65 coinvolti nello studio, dunque, conduceva una vita in casa anche prima delle restrizioni causate dall’emergenza sanitaria. Per quanto riguarda il benessere psicologico, invece, il 30% dichiara di aver subito un peggioramento del proprio stato rispetto al periodo precedente al lockdown; durante la quarantena, tra le persone coinvolte nella ricerca, 636 hanno provato per lo più ansia, 450 impotenza di fronte alla situazione, 269 tristezza e un numero minore di persone spavento, confusione e rabbia.
Un sentimento molto comune (60% degli intervistati) è rappresentato dal senso di isolamento e abbandono, per lo più causato dall’impossibilità di vedere i propri familiari. Il 40 % degli intervistati ha dichiarato di aver trascorso il tempo dedicandosi a nuove attività: 216 persone hanno scoperto (o riscoperto) la lettura, 191 la cucina, 165 i film, 160 la tecnologia e i computer, 158 il giardinaggio.
L’indagine, che ha visto coinvolte per lo più persone autosufficienti, ma molte di esse affette da malattie croniche (65%), che assumono regolarmente farmaci (77%) o che si sottopongono a regolari visite mediche (78%), indaga anche il rapporto degli over 65 con la salute in generale e con le realtà sanitarie del territorio. Il 90% degli intervistati si dichiara molto fiducioso verso il proprio medico di base e gli specialisti della salute. Lo stesso non si può affermare se si considerano i servizi sanitari dedicati alla terza età, di cui solo il 20% si dichiara soddisfatto o i servizi ATS, ritenuti insufficienti da 664 intervistati. Un dato riguarda poi il tema dei vaccini influenzali, sul quale i partecipanti si dividono esattamente a metà: il 49,9% è favorevole, contro il 50,1% contrario.
Dall’indagine emerge poi un comune interesse degli over 65 verso la cultura e i viaggi: il 60% degli intervistati ha partecipato ad eventi culturali nell’ultimo anno, l’88% dichiara passione per la lettura, mentre il 40% ha viaggiato o partecipato a gite turistiche nell’ultimo anno. Quasi inesistente l’interesse verso i servizi sociali dedicati alla terza età (il 54% non conosce e non è in grado di esprimere opinione a riguardo). “Ebbene sì, siamo ancora vivi e da questa indagine abbiamo capito che invecchiare e basta non è la soluzione”, ha concluso Zanolla.