Unicredit, la seconda banca italiana, chiude i primi 9 mesi del 2020 con una perdita di 1,6 miliardi. Nel terzo trimestre il gruppo registra un utile di 680 milioni (-42,4% sul trimestre 2019), sopra il consensus degli analisti che prevedevano 300 milioni. Presentando i conti, il numero uno Jean Pierre Mustier ha ribadito che “non c’è nessuno progetto di M&A”, cioè fusioni e acquisizioni, ma non ha commentato le indiscrezioni in base alle quali è entrata nel vivo la discussione sull’acquisizione dal Tesoro del Monte dei Paschi di Siena. “Non commentiamo rumors e speculazioni“, ha detto l’ad. Alla domanda specifica se l’arrivo di Pier Carlo Padoan alla presidenza potrebbe favorire l’operazione, Mustier si è limitato a replicare che “io con il management team siamo deliziati di accogliere Padon come presidente designato: data la sua esperienza in Italia e a livello internazionale è un grande valore aggiunto per la banca”.

“Nell’attuale contesto stiamo accelerando la trasformazione delle banca” e “preferiamo trasformare piuttosto che integrare, vogliamo usare l‘eccesso di capitale per supportare l’economia e per restituire il capitale ai soci quando il regolatore lo permetterà”. Anche se l’eventuale acquisto della travagliata Mps sarebbe a costo zero, visto che sulla banca senese oltre ai problemi finanziari pesano quelli giuridici, con richieste di risarcimenti che valgono potenzialmente fino a 10 miliardi di euro (una parte riguarda la gestione di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, condannati in primo grado a sei anni e mezzo per aggiotaggio e false comunicazioni).

Nei nove mesi 2019 l’utile Unicredit era stato di circa 4,2 miliardi ma includeva l’impatto positivo della cessione di Fineco. Escludendo i costi di integrazione per il piano esuberi, il deconsolidamento di Yapi e altre posta straordinarie, tra cui le rettifiche nette per il Covid, il risultato di Unicredit nei nove mesi è di 1,06 miliardi, in calo del 67% su base annuale.

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